Mostro di Foligno, il 7 agosto 1993 veniva ucciso Lorenzo Paolucci

FOLIGNO – Il 7 agosto del 1993 moriva Lorenzo Paolucci, la seconda vittima del mostro di Foligno. Lorenzo aveva tredici anni quando è stato seviziato e ucciso da Luigi Chiatti, a Casale frazione montana di Foligno. Dieci mesi prima, nelle campagne folignati, aveva rapito, violentato e ucciso – facendola franca – Simone Allegretti, quattro anni. Ventitrè anni dopo l’ultimo orribile omicidio, il cosiddetto “mostro di Foligno”, come lui stesso si definì, è fuori dal carcere: vive in Sardegna, nella Rems (Residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) di Capoterra, in provincia di Cagliari.
É uscito da galera nel settembre 2015 ed è stato subito rinchiuso nella struttura protetta perché ritenuto ancora “socialmente pericoloso”. Fra un paio d’anni, i giudici dovranno decidere su quale sarà la sua sorte.
Potrebbe anche tornare in libertà, o restare per sempre in una casa di cura.
“Chiatti – spiega l’avvocato Guido Bacino, legale del “mostro” – si trova ancora nella Rems di Capoterra dove è sottoposto a ‘rivalutazione periodica’, una serie di esami di vario genere sulla sua pericolosità sociale, Di certo non sarà libero finché ritenuto pericoloso e teoricamente potrebbe restare a vita in una struttura protetta”.Luigi Chiatti

A Foligno, ogni volta che spunta fuori la storia del “mostro”, le persone si irrigidiscono, cambiano espressione, non ne vogliono parlare, provano un senso di malessere e disagio. La città non ha mai superato quella tragedia orribile, una sorta di marchio indelebile che continua a far male. Luciano Paolucci, papà di Lorenzo, che in questi ventitrè anni si è battuto per assicurare giustizia a suo figlio, ma anche per promuovere maggiore attenzione verso i diritti dell’infanzia e i minori vittime di abusi, arrivando a perdonare l’assassino del suo bambino.

“Perdono Luigi Chiatti – ha detto tempo fa Luciano Paolucci a Umbria Domani – perché in lui vedo un fanciullo abusato e buttato via sin dalla nascita. Lo perdono perché conosco la sua triste storia di bambino abbandonato in un istituto, violentato e maltrattato, fino ad essere adottato da una famiglia inadeguata, che ha aggravato il suo malessere, sfociato poi nelle mostruosità che ha compiuto su mio figlio e su Simone. Di certo, questo non lo giustifica: sono io il primo a dire che deve restare rinchiuso a pagare i delitti che ha commesso. Prima o poi però uscirà, perché la legge lo consente. Per questo lo voglio incontrare per capire come sta. Ha detto più volte di essere pronto a colpire ancora e gli psichiatri sostengono che è socialmente pericoloso. È malato e va curato. Non deve esserci alcuna possibilità che faccia del male ad altri bambini: non me lo perdonerei mai. Forse un confronto con il padre di una delle vittime può essere utile e io voglio mettermi a disposizione degli esperti che seguono questa storia”.
“Mi rendo conto che sono affermazioni forti e contrarie al senso comune – ha detto ancora Paolucci a Umbria Domani – ma dopo il dolore e la rabbia ho scoperto la fede e recuperato la ragione. Insieme alla mia famiglia ho passato anni orribili, ho lasciato il lavoro e rischiato di impazzire. Poi, grazie all’aiuto di Lorenzo, il mio angelo, ho capito che dovevo dare un senso a questa tragedia. Ho studiato il problema della pedofilia e ho capito che, per risolverlo, bisogna avere il coraggio di prevenirlo. È importante sensibilizzare le famiglie, gli educatori e le istituzioni, perché non ci siano più bambini violentati e uccisi. Bisogna portare gli psicologi nelle scuole e aprire centri di ascolto per i pedofili”.Luciano Paolucci
L’idea del papà di Lorenzo è nata dalla convinzione che se Luigi Chiatti fosse stato ascoltato e curato, non avrebbe ucciso suo figlio. Quel ragazzo solare e intelligente, che da grande sognava di fare l’ingegnere e d’estate amava trascorrere le vacanze a Casale, dai nonni materni. Un posto tranquillo, in cui tutti si conoscono, dove poter andare a pesca e giocare a carte con gli amici del paese. È così anche il 7 agosto 1993. Lorenzo si reca a casa di Luigi Chiatti, venticinque anni, figlio adottivo di un noto medico folignate e di un’ex maestra, che passava le ferie estive proprio a Casale, nella villetta di famiglia. Due ore dopo, il tredicenne non si trova più. Il suo corpo martoriato viene trovato a pochi passi dall’abitazione del geometra, che viene fermato e confessa: «Era più bravo di me a carte ed era capace di essere amico di tutti, mi piaceva, ma ero invidioso e l’ho ucciso».

L’omicidio avviene in casa: Chiatti colpisce il ragazzino con un forchettone da cucina e poi getta il cadavere in una scarpata nei pressi dell’abitazione. Il giorno dopo, si accusa anche del delitto di Simone Allegretti, trovato morto vicino Casale, nell’ottobre del 1992, e ammette di essere il “mostro di Foligno”. La confessione di Luigi Chiatti è convalidata da importanti indizi. Il 28 giugno del 1994, viene rinviato a giudizio. Durante il processo, davanti alla Corte d’Assise di Perugia, presenti i genitori delle vittime, racconta lucidamente i particolari dei due omicidi. Riferisce della sua omosessualità e dell’attrazione per i bambini. Non mostra segni di pentimento, ma chiede di essere aiutato: “Se dovessi uscire dal carcere – ammette – sarei pronto ad uccidere ancora”.

Il 28 dicembre del 1994, la Corte d’Assise di Perugia, esclude vizi di mente e condanna il “mostro” a due ergastoli. La sentenza, però, viene presto ribaltata. Il 10 aprile del 1996, la Corte d’Assise d’Appello di Perugia riconosce la seminfermità mentale dell’imputato e riduce la pena a trent’anni. Decisiva la testimonianza di un compagno di brefotrofio di Chiatti, secondo il quale un educatore li avrebbe ripetutamente violentati: ecco perché sarebbe diventato un pedofilo e un assassino. Il 4 marzo del 1997, la Cassazione conferma la sentenza d’appello e aggiunge che, a pena espiata, dovrà subire un ricovero forzato, di almeno tre anni, in una casa di cura. E così è stato nel settembre 2015.
A Casale, nel giorno dell’anniversario della morte di Lorenzo, viene celebrata ogni anno una messa in suo ricordo, alla quale partecipano parenti, amici e paesani della famiglia Paolucci. È così da ventitrè anni, il dolore per quella morte assurda resta immutato.

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