Perugia, in pensione lo storico cuoco dell’ospedale: “Quando preparai un maxi hamburger a Paolo Villaggio”

PERUGIA – Va in pensione il cuoco storico dell’ospedale di Perugia, dopo aver preparato 20 milioni di pasti.  Un record difficile da battere quello di Fabrizio Carletti, prima cuoco e poi coordinatore della a mensa dell’Ospedale di Perugia. Partendo dai 2000 mila pasti che vengono preparati ogni giorni in quello che è sicuramente il ristorante più grande dell’Umbria, Carletti può dire di aver preparato più di 20 milioni di  pranzi  e cene per pazienti  e personale sanitario, ora che dopo 30 anni dietro i fornelli  è andato in pensione. Nel salutare i colleghi si è lasciato andare a ricordi e confronti  di una  carriera che si è sviluppata  prima a Monteluce e poi al S. Maria della Misericordia : “Al Policlinico le  cucine era distanti dalle Cliniche ed il cibo arrivava freddo – ricorda all’ufficio stampa  dell’Azienda Ospedaliera di Perugia- e per noi  cuochi era una grande  delusione sapere che il nostro lavoro non veniva pienamente apprezzato. Con i trasferimenti delle degenze al Silvestrini, i  miglioramenti  hanno avuto un’accelerazione per la diversa situazione logistica ed infine nella sede della nuova mensa”. Preparare oltre duemila pasti al giorno significa  azionare una grande macchina organizzativa, avere  consapevolezza della qualità delle materie prime,  unita a alla gestione delle risorse umane – 55 addetti-  essere  in sintonia con dietiste e personale medico preposto ai controlli. “Lavorare in  una cucina  di un grande ospedale è faticoso e logorante, personalmente  ho avvertito sulle mie spalle  la responsabilità di dare un servizio  gradito a  pazienti e personale. Abbiamo ascoltato i consigli  di tutti e posso dire che le lamentele con il tempo si sono rarefatte”.

Carletti, come capita a molti chef, ha attraversato un  periodo di salute  difficile, con un sovrappeso preoccupante: “Ho dovuto fermarmi ed affrontare il problema  con grande determinazione; ci sono riuscito ed ho così avuto la  conferma di quanto sia vero il concetto che il cibo è terapia”. Non solo un menù variegato, ma anche diete personalizzate per pazienti alle prese con patologie le  più diverse : “A Monteluce negli anni ‘80 abbiamo proposto anche la trippa , un  piatto che piaceva molto  ai pazienti con patologie  psichiatriche, oppure  supplì e baccalà  fritto. Ma con  i nuovi criteri salutistici abbiamo puntato sempre più sulla dieta mediterranea, sempre  rafforzando i controlli sui cibi e  sulla  sicurezza dei locali e degli addetti”.

Quale è stata  la soddisfazione più grande  in tutti questi anni?. “Aver visto crescere il gradimento degli utenti, in rapporto alla loro condizione di pazienti sottoposti a  limitazioni in base alle loro patologie. A volte è capitata  di ricevere  qualche protesta per le  porzioni contenute, ma sempre attraverso il personale. Con una eccezione. Pochi anni fa alzai io la cornetta del telefono, dall’altro capo l’attore Paolo Villaggio, che stava facendo una dieta ipocalorica. Mi disse con voce stizzita: “Non ce la faccio più! preparatemi un hamburger  gigante! Lo accontentammo in parte,  ma prima di servirgli quella pietanza mi ero fatto autorizzare dai medici che lo avevano in cura”.

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