Spoleto festeggia San Ponziano, Boccardo: “Il mio pensiero ai terremotati”

SPOLETO – «Alla tua supplice città fedel propizio chinati, Ponzian, dal ciel!». Le parole del più famoso inno al martire sono riecheggiate nella maestosa Basilica Cattedrale di Spoleto lunedì 14 gennaio 2019 durante il solenne pontificale nella festa liturgica di S. Ponziano presieduto dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo e concelebrato da diversi sacerdoti della Diocesi. Quest’anno la processione introitale della Messa è stata avviata dalla Cappella palatina, intitolata proprio a S. Ponziano, del Palazzo Comunale.

 

Ad accogliere la reliquia del Santo, l’Arcivescovo e i presbiteri è stato il sindaco Umberto de Augustinis, al cui fianco c’era la moglie Emilia Bellina. Il servizio liturgico è stato curato dai seminaristi e ministranti della Diocesi, coordinati dal cerimoniere arcivescovile don Edoardo Rossi. La liturgia è stata animata nel canto dalla Cappella Musicale del Duomo e dal coro delle parrocchie cittadine: ha diretto Loretta Carlini. Il Pontificale è stato trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook della Diocesi (SpoletoNorcia): il servizio è stato curato dalla Plan-B Communication. È possibile rivedere il video sia nella stessa pagina social, che nel sito della Diocesi: www.spoletonoprcia.it.

Molti i fedeli presenti, così come le autorità civili e militari, tra cui: oltre al primo cittadino di Spoleto, il Vice Sindaco di Norcia, altri Sindaci dei Comuni il cui territorio ricade nella Diocesi, alcuni Parlamentari del territorio, il Presidente del Consiglio Regionale dell’Umbria, il Questore di Perugia.

Il pensiero di mons. Boccardo ai terremotati. Nell’omelia l’Arcivescovo ha detto che «l’annuale ricorrenza del Patrono ritrova la comunità diocesana e la comunità cittadina unite per un momento di riflessione e di festa. Dell’una e dell’altra sentiamo tutti il bisogno, in una fase della vita sociale che ci vede ancora angustiati per una crisi che sembra non aver fine e per le ferite del terremoto che si prolungano nella gente della Valnerina e si concretizzano in promesse deluse e in frustranti lentezze burocratiche».

Il grazie del Vescovo alla Caritas e l’appello a fare volontariato per cambiare il volto delle città e dei paesi. Il Presidente della Conferenza episcopale umbra ha sottolineato come la vicenda di Ponziano sia «una stupenda lezione di vita: è la storia di una generosa obbedienza alle esigenze radicali che la Parola di Dio». Il pensiero di mons. Boccardo è andato allora a quanti si prendono cura dei loro fratelli e sorelle segnati dalla sofferenza e dal bisogno: «penso specialmente – ha detto – alla Caritas diocesana e di pievania che, spesso in cordiale sinergia con le istituzioni civili e con le altre forze di volontariato,  aiuta non solo i migranti o gli extra-comunitari (come anche qui da noi sostiene qualcuno) ma anche quanti – italiani e spoletini – esperimentano la fatica del vivere quotidiano perché sono scesi sotto la soglia di povertà. Penso ancora alla Mensa della Misericordia, ai “Centri di ascolto” e ai numerosi volontari che svolgono un prezioso ed insostituibile servizio con delicatezza e amorevole attenzione. Di fronte alle tante forme di povertà che ci circondano, sentiamo di dover favorire un cambio di mentalità: non basta più un welfare statale, occorre un welfare di comunità; non basta più la solidarietà, ci vuole maggior prossimità: la prima è fatta condividendo risorse e beni, la seconda mettendo in circolo persone e donando il proprio tempo. Detto in modo concreto: se ognuno di noi desse due o tre ore al mese in qualche iniziativa di volontariato, le nostre città e i nostri paesi cambierebbero volto… Perché abbiamo bisogno di fraternità. Non di fratellanze, di cordate, di consorterie; ma di quel legame – mai solo di interesse – che sta alla base del grande umanesimo al quale la tradizione cristiana ha contribuito in modo decisivo a dare anima; di quella fraternità per cui nessun dolore e nessuna gioia degli esseri umani ci sono estranei o indifferenti. Abbiamo bisogno di fraternità come risposta mite e forte ad una insistente predicazione che dichiara inconciliabili le diverse parti della nostra comune umanità. Ne abbiamo urgenza proprio mentre più assillanti e apparentemente trionfanti si fanno le visioni e le politiche che non si curano delle radici della disuguaglianza, subordinano anche le libertà fondamentali alla sicurezza e liquidano come “buonismo” il semplice e naturale desiderio di riconoscerci fratelli e sorelle e di agire di conseguenza, nella custodia e nella conduzione della nostra casa comune».

Un pensiero l’Arcivescovo lo ha dedicato alla difficoltà di trasmettere la fede ai giovani: «Si può essere tentati dallo scoraggiamento; si fatica a far ereditare le responsabilità della vita. Se non vogliamo elevare solo il lamento sterile sulle fragilità dei giovani, dobbiamo star loro vicini come testimoni credibili, valorizzare la loro creatività e inventiva, aprire spazi perché si mettano alla prova, in patria e all’estero. Perché sono la fatica, l’allenamento, l’agonismo, la lotta, il sacrificio, che costruiscono grandi personalità. I giovani, pieni di energie fresche, lo comprendono naturalmente, ma noi dobbiamo saper offrire loro luoghi di crescita personale e di impegno civile, che costituiscano come un tirocinio per l’accesso al lavoro, alla professione, alla responsabilità sociale. Per diventare grandi è necessaria una “iniziazione”, mettere alla prova se stessi, per vedere dove e come si vale: occorre dunque far accedere quanto prima i giovani alla fatica e al cimento nella vita adulta. Altrimenti, quando saranno più grandi, saranno simpatici ma velleitari, rampanti ma senza spina dorsale, persone che tengono bene la scena, ma perdenti poi nella vita».

L’ultimo pensiero di mons. Boccardo è stato per il territorio della valle spoletana: «Affacciandoci dall’alto del colle su cui è edificata questa Basilica Cattedrale, possiamo ammirare la stupenda valle spoletana, terra che offre infinite possibilità agricole, turistiche, culturali, artistiche, con iniziative di qualità che, quando operano insieme, diventano eccellenze che si segnalano a livello nazionale e internazionale. Dobbiamo uscire dal torpore e dal miope ripiegamento sul proprio particolare, che deprime la creatività, impoverisce il lavoro in qualità e quantità, droga il consumo a spese della vitalità. Una società è generativa se, mentre fa crescere il lavoro e l’impresa, allarga l’orizzonte della fiducia e della speranza, costruisce i legami sociali, ricupera il senso della bellezza, fa diventare città e paesi luogo dell’incontro, della cultura e della vita civile».

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