Tasse sulla casa, Asspi: “Nel Perugino cedolare secca ancora preclusa a molti”

PERUGIA – “Non è pervenuta alcuna comunicazione ufficiale da parte dei Comuni della provincia di Perugia che attesti lo stato di emergenza dell’ente stesso e consenta la certa applicabilità della cedolare secca al 10 per cento dove tale beneficio è stato esteso con la legge numero 80 del 2014. Quindi, a molti piccoli proprietari immobiliari viene preclusa la possibilità di usufruire di un’agevolazione fiscale consentita da una legge dello Stato italiano”. Questa la denuncia di Associazione piccoli proprietari case (Appc) e Associazione sindacale piccoli proprietari immobiliari (Asppi) provinciali che hanno chiesto con una nota alla prefettura e alla sede dell’Agenzia delle Entrate di Perugia di fornire in maniera ufficiale l’elenco dei Comuni per i quali è stato riconosciuto lo stato di emergenza, a seguito del verificarsi di eventi calamitosi, ai sensi della legge numero 225 del 1992. Nota che è stata rilanciata dalla stessa prefettura data l’importanza di conoscere i comuni nei quali è possibile estendere l’applicazione della cedolare secca.

“Prima della legge 80/14 – ha spiegato Giacomo Iucci, segretario di Asppi Perugia – era possibile applicare la cedolare secca al 10 per cento solo nei comuni ad alta densità abitativa (individuati con delibera Cipe) e alla condizione che le parti stipulassero un contratto a canone concordato. Con l’approvazione della legge 80 tale possibilità è stata estesa anche ai comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di calamità nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore della legge stessa e, quindi, il provvedimento deve essere stato emanato nel periodo compreso dal 24 maggio 2009 al 23 maggio 2014”.

“Come Asppi e Appc – ha detto ancora Iucci – riteniamo che l’elenco dei comuni ai quali è esteso il beneficio della cedolare al 10 per cento deve essere indicato in una comunicazione ufficiale da parte dell’ente pubblico preposto che dia certezza a cittadini e personale dell’Agenzia delle Entrate addetto alla registrazione dei contratti di locazione e consenta ai proprietari immobiliari di optare per l’applicazione di una misura che presenta in molti casi notevoli vantaggi fiscali”.

“Infatti, se ipotizziamo un canone annuo di 6 mila euro – ha spiegato Iucci – il proprietario, oltre a beneficiare dell’esenzione dei bolli e della tassa di registro annuale, dovrà corrispondere annualmente di tasse 600 euro con contratto a canone concordato e cedolare al 10 per cento o 1.260 euro con contratto a canone libero e cedolare al 21 per cento. Mentre, se il proprietario con aliquota Irpef al 27 per cento (redditi compresi tra 15 e 28 mila euro) decidesse di rimanere nel regime ordinario, corrisponderebbe annualmente di Irpef 1.539 euro canone libero e 1.077,30 euro a canone concordato. Con una aliquota Irpef al 38 per cento (redditi compresi tra 28 e 55 mila euro), invece, l’Irpef annuale è di 2.166 euro a canone libero e 1.516,20 euro a canone concordato”.

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