Terni, fondazioni bancarie: l’ombra della crisi e le attività imprenditoriali che non decollano

TERNI – La politica del credito nella Regione Umbria preoccupa la Cgil di Terni. Dopo che la Camera del Lavoro di Terni e la CGIL Umbria hanno presentato i dati dell’indagine IRES per l’ultimo trimestre 2015, nei dati sono emerse le sofferenze che pesano sui bilanci delle banche e impediscono finanziamenti vivi alle imprese, in modo particolare per il comparto delle costruzioni e delle attività terziarie.

“In questo quadro – sottolinea Attilio Romanelli, segretario generale della Cgil di Terni – le discussioni sulla ripresa sembrerebbero decontestualizzate, in quanto l’economia reale evidenzia tendenze più preoccupanti rispetto alle informazioni ufficiali. Per quanto riguarda l’Umbria, come da tempo stiamo sostenendo, la crisi non produce opportunità, ma accelera al contrario il disagio e le sofferenze.

 Guardiamo con preoccupazione i dati emersi nel campo del credito, perché gli stessi evidenziano una evidente lentezza nel promuovere iniziative che possano favorire il sostegno dell’esistente e la crescita di nuove attività, per creare occupazione e sviluppo.

Da tempo chiediamo un protagonismo alla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, che dispone di risorse importanti, ma rimaste ad oggi estranee all’economia umbra”.

Dalle parole alle proposte, il segretario continua così la nota: “Abbiamo proposto la costituzione di fondi rotativi, con la partecipazione delle Fondazioni e di altri istituti finanziari regionali, in grado di selezionare e promuovere progetti innovativi e politiche di sostegno all’avvio di nuove attività imprenditoriali, che creino occupazione, specie per i giovani laureati. Abbiamo proposto altresì di creare un “fondo di solidarietà” da finanziare con un combinato di risorse provenienti dall’Europa, dalla Regione e dalle fondazioni bancarie, con un contributo diretto anche di imprese e lavoratori, per finanziare progetti che favoriscano il ricambio generazionale dell’occupazione, attraverso una “uscita soft” dei lavoratori pensionandi con un ricorso al part-time, che agevoli al contempo l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. 

Queste sono le nostre proposte, ma siamo aperti anche ad altre soluzioni tecniche. Certo è che non si può continuare a parlare solo di Consigli di Amministrazione e nomine in rappresentanza, continuando a tacere sulle strategie che potrebbero e dovrebbero rinnovare il ruolo di queste Istituzioni”.

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