Uil ternana: voucher in aumento nella provincia, ridotte le tutele minime del lavoratore

TERNI – I numeri della Uil nazionale parlano chiaro: Sono stati 390.282 i voucher venduti nella sola Provincia di Terni nel 2015, in forte aumento rispetto agli anni precedenti. Nella nostra regione sono stati 1.971.122.

A livello nazionale si è passati dai 535.985 del 2008 ai 115 milioni circa del 2015, una crescita costante dovuta alle modifiche normative che nel tempo hanno dilatato il campo di applicazione di questo istituto. Sono dati che emergono da uno studio dettagliato della “UIL Nazionale – Servizio politiche attive del lavoro” dal quale emerge anche che, nel corso del 2015, i lavoratori pagati con almeno 1 voucher sono stati 1.695.374.

Il dato comprende tutte le variegate situazioni. Salta all’occhio il dato che prende in considerazione un numero complessivo di occupati di oltre 22 milioni di lavoratori, circa 8 su 100 sono stati retribuiti con almeno 1 voucher.
Questa quota aumenta se rapportata agli oltre 17 milioni di occupati dipendenti (10 su 100) e, addirittura, aumenta esponenzialmente sulla platea lavoro di oltre 2,2 milioni di lavoratori temporanei o/e stagionali subordinati (77 su 100).
Il voucher è un ticket-lavoro con un valore orario nominale di 10 euro lorde di cui 7.50 euro netti vanno al lavoratore. Nati per combattere il lavoro nero o irregolare rischiano invece di alimentarlo attraverso un uso distorto che ha finito in buona parte per sostituire in maniera “furbesca” rapporti di lavoro subordinato che vedono nella contrattazione collettiva tutele e garanzie che il lavoro attraverso i buoni–lavoro non ha.
Dal 2008 al 2015 sono stati venduti quasi 278 milioni di voucher per un importo complessivo di 2.8 miliardi. Il dato sui giovani (oltre il 40% dei voucheristi ha fino a 29 anni) dovrebbe far riflettere alla luce del non successo sia di Garanzia Giovani che del contratto di apprendistato.
L’innalzamento, con il Jobs Act, del tetto individuale a 7 mila euro non farà altro che cannibalizzare sempre di più potenziali rapporti di lavoro subordinato attraverso l’utilizzo di questo poco tutelante istituto che produce pensioni minime, instabilità lavorativa, bassa professionalità e un buco fiscale nelle casse dello Stato.
“Bisogna meglio regolare questo strumento – osserva Gino Venturi della UIL Terni – che sembra sia andato fuori controllo rischiando di alterare ogni equilibrio tra la necessaria flessibilità per le imprese e tutele essenziali e minime per chi lavora”.
Nella prospettiva di un maggior controllo, secondo la UIL, è necessario intervenire su più aspetti: tracciabilità “vera” dei buoni lavoro, comunicazione precisa di inizio e fine lavoro, riduzione del tetto massimo di utilizzo da parte delle imprese ed esclusione di alcuni settori che già oggi hanno strumenti ultra flessibili in tema di rapporti di lavoro.

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