Case popolari, la Consulta boccia la legge della Lombardia: è incostituzionale. A rischio le proposte umbre del centro destra.
E’ irragionevole negare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente o non abbia un lavoro nel territorio della regione da almeno cinque anni. L ‘obiettivo, sottolinea la Corte Costituzionale, è quello di soddisfare l’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di effettivo bisogno. Lo stabilisce la Consulta con la sentenza numero 44 depositata oggi. La Corte Costituzionale ha accolto la censura sollevata dal tribunale di Milano sul requisito della residenza o dell’occupazione da almeno cinque anni stabilito dalla legge della regione Lombardia. La durata della residenza potrebbe semmai rientrare tra le condizioni da prendere in considerazione nella formazione della graduatoria. Per la Corte Costituzionale la norma approvata dal consiglio regionale della Lombardia viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto fonte di una discriminazione irragionevole in danno di chi , cittadino o straniero, non possieda il requisito richiesto. Ma la norma contrasta anche con il principio di uguaglianza sostanziale perchè il requisito temporale richiesto contraddice la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica. Tra l ‘altro, ribadisce la consulta, parliamo di requisiti che non garantiscono ( come sostengono gli amministratori regionali, ndr) un’elevata probabilità di permanenza e lo stesso “radicamento” sul territorio regionale non può assumere un’importanza tale da escludere qualsiasi rilievo al dato del bisogno abitativo del richiedente. Insomma una bocciatura pesante, ora anche le proposte di legge presentate dal centro destra umbro sono , se dovessero essere approvate così come sono state elaborate, a rischio di incostituzionalità.