Sanità, allarme farmacie rurali. Chiesto il sostegno della Regione

TERNI – Sono 42 le farmacie rurali in provincia di Terni e 9 in quella di Perugia. Lo rende noto il sindaco di Montecchio e presidente di Anci Piccoli Comuni Federico Gori che in un comunicato chiede alla Regione Umbria di sostenere e valorizzare le realtà farmaceutiche più marginali. Tra le funzioni da implementare, secondo Gori, ci sono il monitoraggio sull’aderenza alle terapie da parte dei pazienti, ambulatori a disposizione delle Asl per il medico di base, per prelievi e per visite specialistiche, favorendo la presenza di professionalità in loco, e presidi efficienti per le campagne di prevenzione di malattie ad alto impatto sociale. “Sono una importantissima risorsa – dice sempre Gori – e un vero punto di forza del sistema sanitario nazionale per il ruolo attivo e decisivo che possono svolgere al fine di garantire effettivamente a tutti i cittadini parità di livelli di prestazioni. Insieme agli uffici postali, esse rappresentano un obiettivo decisivo per il “mantenimento in vita” dei Comuni stessi”. Secondo Gori “per contribuire fattivamente a tutelare la sostenibilità  delle piccole realtà rurali della regione, la giunta regionale dell’Umbria deve intervenire per superare, in tempi brevi, l’attuale penalizzazione economica dei farmacisti rurali sussidiati dell’Umbria, fatto che rischia di incidere negativamente anche sulla qualità dei servizi sanitari. Occorrerà poi ragionare in maniera più organica sul supporto da dare alle farmacie rurali, anche quelle non sussidiate, nel percorso verso la “farmacia dei servizi”. Secondo quanto reso noto dal presidente dei Piccoli Comuni, la Regione eroga attualmente per disagiata residenza, l’importo massimo poco oltre 2mila euro. Una cifra inferiore alla media delle regioni centrali per le farmacie fino a 1000 abitanti. “Nelle Marche – fa notare Gori – oltre l’indennità per disagiata residenza, c’è un contributo aggiuntivo, in relazione al volume d’affari dell’anno precedente, che può arrivare fino a 13mila euro l’anno, se il volume d’affari non supera 150mila euro.

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