LEVANTE. Considerazioni del mattino LA FINE DEGLI ERRORI

di Maurizio Terzetti
Il calcio non è quella sospensione della realtà nella quale la vita quotidiana rompe le regole e si esalta e si duole per il cuore che si mette in una passione sportiva. Andiamo allo stadio o seguiamo una partita in tv con la stessa applicazione che riserviamo a un qualunque episodio della nostra esistenza: le stesse logiche, le stesse dinamiche, solo immaginate al di fuori delle costrizioni socio- familiari e ipoteticamente rimesse a un fuoco sacro chiamato tifo.
Ho sempre pensato che le cose stessero così e da quando sono cominciati i primi esperimenti ufficiali della cosiddetta “moviola in campo” mi sento sempre più convinto che, attraverso il calcio, più che con ogni altro sport, abbiamo a che fare con segmenti fondamentali della nostra fisicità e della nostra razionalità quotidiana.
Ora, che cosa fa materialmente la “moviola in campo”, o meglio il Var – Video Assistant Referees – che abbiamo visto agire giovedì sera nel corso di Italia-Francia?
L’arbitro in carne ed ossa, già da tempo aiutato da una schiera di collaboratori dislocati in ogni parte del campo di gioco, è affiancato stavolta da un sistema capillare e integrale di videoriprese a più inquadrature che lo assiste durante tutto il match e che si attiva, autonomamente o su richiesta del direttore di gara, in casi particolarmente delicati per la correttezza del gioco rispetto alle regole e per regolarizzare le coronarie dei tiratissimi spettatori-tifosi: rigori, fuorigioco, dosaggio dei cartellini e così via. Tutte quelle situazioni, cioè, nelle quali il margine di errore è diventato decisamente elevatissimo e ha innescato, da che calcio calcio, “domeniche sportive” e trasmissioni simili a non finire.
L’arbitro dell’altra sera – Kujpers – si è avvalso apertamente del Var in tre frangenti e, avvertito via auricolare dalla cabina di regia rimasta off limits per chiunque, ha preso la decisione, direi non più giusta, ma certamente meno priva di errori che potesse essere presa. In altri esperimenti col Var condotti in partite del calcio americano, l’arbitro ha preso tempo e si è accomodato qualche secondo a bordo campo per visionare il registrato a prova di errore che un assistente gli mostrava come porgendogli un libro sacro digitale.
Nel calcio, alla fine, quando il Var sarà a regime, di che cosa potranno più discettare al bar i patiti – e sono tanti – che si accapigliano “per rigore sì rigore no” per giorni e giorni?
Avremo, sugli spalti e nei post partita, tifosi più tranquilli, meno sospettosi dell’arbitro. Non sapendo più con chi prendercela, torneremo alla vita – che, come dicevo, non avevamo interrotto mai del tutto – e forse invocheremo, anche nei casi più controversi della nostra esistenza, una moviola nel campo della vita che certifichi definitivamente se abbiamo torto o ragione nel nostro incazzarci feriale e festivo con i vicini di casa, in ufficio e per strada. Ma allora non finiremo col rimpiangere quel minimo dubbio di essere in errore o nella ragione che, in fondo, dà anche un condimento gradito al nostro affaccendarci quotidiano?

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