E PACE SIA

di Pierluigi Castellani

Non si può certamente disconoscere il ruolo decisivo di Donald Trump per la pace in medio oriente, anche se ancora non si può parlare di  vera pace bensì di un accordo per una tregua del conflitto, che certamente è la premessa indispensabile per una possibile pace duratura. Se c’è qualche constatazione ,che si può fare, sta nel rammarico, che la mossa decisiva del presidente Usa non sia stata fatta prima che iniziasse il massacro dei civili palestinesi e prima  che lasciasse intendere al leader israeliano, che godeva del suo appoggio incondizionato . E l’altra amara constatazione sta nel fatto che l’accordo di Sharm el-Sheikh sia il frutto non già del multilateralismo guidato dall’Onu , ma ancora allo sfoggio della potenza e quindi di una politica ancora legata all’equilibrio delle forze , che detengono il potere. Se non ci fosse stata la determinazione di Trump ad imporre a Netanyahu  i suoi venti punti per la pace non si sarebbe raggiunto né il cessate il fuoco né la liberazione deli ostaggi senza contare che l’inquilino della Casa Bianca doveva salvaguardare anche il suo buon rapporto con i paesi arabi detentori  del potere a loro assicurato dal petrolio. Insomma ancora la politica estera è determinata dall’equilibrio dei poteri e dai reciproci interessi economici, anche se le affollate piazze per la pace e il successo della marcia Perugia-Assisi riscaldano i cuori ed inducono alla speranza di un mondo migliore. Restano comunque molti nodi da sciogliere per quella che sarà la seconda fase dopo la liberazione degli ostaggi e la liberazione dei prigionieri palestinesi. E non si tratta solo di dettagli, anche se è nei dettagli che si nasconde il diavolo .C’è da pensare a chi guiderà la transizione nel governo di Gaza, quale sarà il ruolo dell’Autorità Nazionale Palestinese ancorché scaduta nella considerazione internazionale, quando si giungerà al riconoscimento dello Stato Palestinese, premessa indispensabile per assicurare l’autonomia di quel territorio e perché si possa giungere ad una vera pace duratura. Quest’ultimo tassello è il più difficile da raggiungere perché non è solo la destra israeliana, che vi si oppone , ma anche, stando ai sondaggi, la maggioranza degli israeliani. Dobbiamo per questo disperare? No di certo. Vogliamo tutti ardentemente la pace e non solo in Palestina ma anche nella “martoriata Ucraina”, che, come tutti ricordiamo, era l’ espressione usata dal compianto Papa Francesco per riferirsi a quello scenario di guerra tuttora attivo. Speriamo che gli Usa usino la medesima determinazione dedicata alla striscia di Gaza nei confronti del riottoso Putin. Anche in questo caso purtroppo non sarà l’Onu artefice di una pace, ma ancora una volta l’ostentazione del potere e gli interessi commerciali, che possano indurre lo Zar a sedersi al tavolo della pace. Dobbiamo per questo arrenderci di fronte alla speranza di un mondo diverso e migliore? Certamente no, ma  auspichiamo che comunque “pace sia”.