DOPO IL VOTO E IL CENTRODESTRA ALLA PROVA DEL GOVERNO

di Pierluigi Castellani

I sondaggi della vigilia sono stati confermati. Il centrodestra a trazione di Giorgia Meloni ha vinto le elezioni ed ora può contare su di un’ampia maggioranza in parlamento. La nuova probabile premier è già al lavoro per formare la squadra di governo, ma prima di ogni altra cosa dovrà attendere il formale incarico da parte del Capo dello Stato e soprattutto dovrà affrontare i problemi del paese, che non sono pochi. Questa fase è molto delicata, la formazione del nuovo governo coincide con la preparazione della legge di bilancio a cui sta lavorando, almeno nelle generali indicazioni , il governo uscente di Mario Draghi.  La Meloni ha inoltre su di sé gli occhi attenti dell’Europa  e dei paesi alleati con l’Italia. Come infatti concilierà il sovranismo dichiarato con il dovuto rispetto dei trattati europei e degli altri trattati sottoscritti dal nostro paese? Come farà fronte alla ribadita solidarietà all’Ucraina quando del suo governo faranno parte leader politici che mal digeriscono le sanzioni alla Russia ? Senza dimenticare che dovrà fare i conti con un Salvini ridimensionato e mortificato,   che comunque reclama per sé e per la Lega ruoli decisivi nel governo. Insomma i problemi non mancheranno a Giorgia Meloni anche perché il costo dell’energia non si riduce e l’eventuale scostamento di bilancio, che pur qualcuno della sua compagine ha chiesto, metterà sicuramente in allarme Bruxelles, i mercati e lo spread. Ma se la Meloni ha un bel carico sulle  spalle sul versante dell’opposizione le cose non vanno certamente meglio. Un’opposizione frantumata e litigiosa rischia di essere assorbita dai regolamenti al proprio interno, che già si annunciano. Soprattutto il PD si trova di fronte all’uscita di scena di Enrico Letta e ad un annunciato congresso, che se non troverà una sintesi tra ricostruzione di un’ identità, esigenza di un nuovo gruppo dirigente e definizione del campo delle alleanze da costruire rischia di implodere. C’è un Giuseppe Conte ringalluzzito dalla rimonta conquistata rispetto ai primi sondaggi che lo davano sul 10% e il cosiddetto terzo polo, che terzo non è, e che non ha raggiunto l’ agognata soglia del 10% e che soprattutto non ha neppure sfiorato l’obbiettivo di togliere voti alla destra. Renzi e Calenda sembra che abbiano preferito una campagna volta a ridimensionare il PD, dal quale tutti e due provengono, anziché  porsi il problema di contrastare il centrodestra, più destracentro per la verità, ed impedirgli di avere una schiacciante maggioranza nei due rami del parlamento. L’esame dei flussi elettorali è chiara. Il duo Calenda-Renzi ha sottratto più voti al Pd che al centrodestra nel suo insieme, e su questo dovrebbero riflettere anche alla luce della riforma costituzionale annunciata dalla coalizione della Meloni. E’ ancora presto per esprime giudizi e fare compiute valutazioni, ma è certo che chi vorrà preparare, da qui alle prossime elezioni, una valida alternativa al centrodestra in cui prevalgono le pulsioni sovraniste e nazionaliste dovrà partire da un serio e severo esame di coscienza rispetto agli errori fin qui compiuti. Soprattutto dovrà essere rinsaldata quella frattura, apparsa nelle elezioni del 25 settembre, tra gli esclusi, emarginati, famiglie alle prese con il difficile pagamento delle bollette, con il lavoro precario e il lavoro che non c’è, con un futuro incerto per i più giovani, e le classi più agiate e garantite della media borghesia o dell’intelligenza radical chic. Come non potrà interrogarsi il variegato mondo del centrosinistra sul fatto che gli operai votano a destra per paura o per protesta ed  invece chi abita nelle ZTL vota a sinistra?