Trasimeno, dopo il canneto, in via di estinzione anche la “tifa”, un tempo molto comune

MAGIONE – Specie vegetali in via di estinzione al Trasimeno. Non solo il canneto come recentemente portato all’attenzione dell’opinione pubblica, si sta rapidamente e progressivamente riducendo. Ci sono altre specie, come la tifa (Typha angustifolia e Typha latifolia) e il giunco da stuoie (Schoenoplectus lacustris), che stanno vistosamente ritirandosi dalla zona umida del lago, determinando così una modifica dello stesso paesaggio. La Tifa, comunemente nota come “mazzasorda” o “canalone”, era un tempo, abbastanza comune al Trasimeno. Occupava delle superfici all’interno della fascia del canneto. Una fascia questa che si sviluppa da terra fino a 2,5 metri di profondità, in cui la cannuccia palustre (Fragmites australis) è la specie maggiormente rappresentata, anche per la sua grande capacità di adattamento. Ma come detto, in tutto il Trasimeno e nella zona della Valle in particolare, queste specie un tempo massicciamente presenti, sono negli ultimi anni, purtroppo, in fase di rapida regressione. La Tifa veniva utilizzata nell’industria della lavorazione della canna. Le sue foglie molto resistenti venivano impiegate per “cucire” gli steli delle cannucce nella realizzazione delle stuoie. Questa specie ha subito la stessa regressione che ha interessato il canneto: è andata rapidamente diminuendo fino quasi a scomparire del tutto. A influire negativamente sulla sua conservazione anche la presenza della nutria che, brucandola, sta seriamente minando anche le situazioni residuali e relitte. Data l’importanza e la particolarità della specie, come tutte quelle del canneto e della sua fascia, al fine di evitarne l’estinzione e anzi di favorirne la ripresa, la tifa viene coltivata e protetta in forma sperimentale all’interno dell’Oasi “La Valle”, così come accade anche per la “ninfea bianca”. In una piccola fascia tra la terra e il canneto, ben protetta da recinzione anti-nutria, alcuni rizomi stanno proliferando. “La speranza è – riferiscono i gestori dell’Oasi – che si possano utilizzare specifici fondi europei destinati alle aree protette per ampliare il territorio di sperimentazione e attuare interventi di ripristino ambientale”.

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