Dacia Maraini con “Una Casa di donne” al Todi Festival

Donna di grande cultura e sensibilità, scrittrice, poetessa, drammaturga, sceneggiatrice, volto televisivo, una delle autrici più importanti e conosciute nel mondo della letteratura italiana, Dacia Maraini quest’anno sarà ospite in Umbria alla trentunesima edizione del Todi Festival. Passionaria, femminista, vicina al mondo delle donne, intorno al quale ha costruito tutta la sua carriera e la sua fortuna, anche grazie al teatro della Maddalena fondato nel 1973.

DACIA-MARAINIDacia Maraini, il prossimo 30 agosto andrà in scena al Todi Festival un monologo scritto da lei nel 1977 sul mondo della prostituzione dal titolo “Una Casa di donne”. Dopo quarant’anni questo fenomeno, ancora molto attuale, a suo avviso, quale trasformazione ha subìto?

“La prostituzione negli anni Settanta, quando ho scritto questo  testo che è stato rielaborato  per l’occasione odierna, riguardava  donne  italiane adulte. Le quali certamente erano spinte dalla povertà e dalla poca stima di sé, ma non erano schiave. Oggi invece  riguarda soprattutto ragazze straniere, spesso minorenni,  che vengono comprate e vendute sul mercato del sesso. Ovvero siamo di fronte a un fenomeno devastante e rivoltante  di nuova schiavitù. Gli uomini che vanno con queste prostitute dovrebbero sapere che non pagano le donne, ma i trafficanti di carne umana”.

Come nasce l’idea di affidare la messa in scena di questa opera al talento emergente di Ottavia Orticello?

“Ottavia è dotata di una grazia intelligente che scava in profondità nei personaggi. Mi sono affidata a lei con fiducia, sono sicura che farà un buon lavoro con l’aiuto del regista”.

Rimanendo nell’universo femminile, come reputa sia cambiato il ruolo della donna del XXI secolo?

“Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe un libro intero, ma sintetizzando al massimo direi che molti traguardi sono stati raggiunti – aggiungo che sto parlando delle  donne occidentali perché in alcuni mondi orientali  ancora le donne vivono in condizioni di inferiorità e degrado spesso sancita dalla legge – ma certamente ancora non si può parlare di parità. Le leggi sono cambiate e in meglio, basti pensare alla legge sul delitto d’onore che vergognosamente ci siamo portati avanti fino agli anni Ottanta. C’è ancora molta strada da fare anche da noi, nonostante i grandi miglioramenti”.

A seguito delle istanze del movimento femminista, ritiene che oggi la donna abbia raggiunto una sua libertà e indipendenza magari grazie anche all’uso della tecnologia?

“Non credo che la tecnologia da sola sia capace di dare indipendenza e libertà a chicchessia. La libertà e la dignità umana si conquistano attraverso una elaborazione dei valori e delle idee, quindi è soprattutto una faccenda culturale. È su questo  che bisogna lavorare”.

Dopo i numerosissimi riconoscimenti, i tanti premi ricevuti e la laurea honoris causa, cosa riesce ancora ad emozionarla? 

“Mi emozionano le cose della vita: la gioia di una passeggiata nei boschi abruzzesi (quando non sono minacciati dal fuoco), una gita con gli amici, un bel libro, un incontro felice, i due pettirossi che vengono a beccare sul mio terrazzo e sono di una allegria meravigliosa, un discorso del papa che coraggiosamente reclama solidarietà e pace, una conquista femminile nel campo delle leggi, un bel progetto di sostegno ai senzatetto”.

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