Assolto Renato Cortese, il super poliziotto che arrestò il boss Bernardo Provenzano. Non ci fu nessun rapimento di Stato

La Corte d’Appello di Perugia restituisce l’onore a Renato Cortese, ex questore di Palermo ed ex capo dello Sco della Polizia. Il collegio, presieduto da Paolo Micheli, ha assolto con formula piena il super poliziotto che catturò il boss della mafia Bernardo Provenzano dopo 40 anni di latitanza e altri boss siciliani delle stragi, della ‘ndrangheta calabrese e della camorra. Una sentenza che restituisce la dignità ad un uomo che, davanti ai giudici di Perugia, si è limitato a chiedere ” un minimo di rispetto”.  Una sentenza che ribalta quella di primo grado del Tribunale del capoluogo umbro che condannò l’investigatore che arrestò Giovanni Brusca, il mafioso che schiacciò il telecomando della strage dove morì Giovanni Falcone, a cinque anni di reclusione  e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per il Tribunale (presieduto allora da Giuseppe Narducci)  quello di Alma Shalabayeva e la figlioletta Alua fu addirittura un rapimento di Stato. Assolto anche l’ex capo dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma Maurizio Improta. Ma la cosa più importante – per i due servitori dello Stato – è il venir meno dell’accusa infamante di sequestro di persona aggravato, che gli avevano inflitto i giudici del tribunale umbro. Infatti, il tribunale di Perugia ha giudicato illegittima l’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, la ricchissima donna kazaka che nel 2013 fu rispedita in patria dalla polizia italiana, che era intervenuta su richiesta dell’Interpol per arrestare suo marito, l’ex banchiere Mukhtar Ablyazov, ricercato dopo diverse condanne per essersi impadronito di denaro pubblico per cifre di enormi proporzioni. Una sentenza che paragonò l’operazione della polizia italiana a un sequestro di persona. Nel processo di appello è stato sentito, per decisione della Corte e per la prima volta, anche l’allora procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone che ha dichiarato che Cortese non lo ha mai ingannato e ha confermato che la signora Shalabayeva usava in Italia un nome falso, che il passaporto centrafricano da lei esibito era “grossolanamente falsificato”.  Dopo quasi dieci ore di camera di consiglio, a nove anni dai fatti, la Corte d’Appello di Perugia ha assolto anche gli altri quattro poliziotti Francesco Stampacchia, Luca Armeni, Vincenzo Tramma e Stefano Leoni. Assolta anche l’allora giudice di pace Stefania Lavore alla quale comunque non era stato contestato il sequestro di persona.