Dis..corsivo. Assisi nel mito della sua realtà culturale

di Maurizio Terzetti

Miti e realtà dell’universalità della cultura prodotta ad Assisi
La fortissima tradizione culturale che presiede allo sviluppo delle attività odierne di rilevo intellettuale in Assisi è dovuta al lentissimo metabolismo delle svolte epocali e delle energie spirituali messe in circolo nei millenni, prima e dopo la rivoluzione comunale francescana. I momenti di grande accelerazione vissuti dalla città hanno prodotto impulsi che, volati per il mondo, vi si sono estesi fino quasi a scomparirvi, mentre nel luogo di produzione sono stati come ristretti dentro un’aura cittadina che, anziché estenderli e ampliarli, ha finito per comprimerli e, qualche volta, deprimerli. Il mito è fuggito, è cresciuto, ha messo radici altrove nel mondo. La sua realtà, nella casa assisiate, si è trovata bene, ma ha anche incontrato difficoltà molto contingenti e spesso si è immischiata nelle piccinerie, tarpandosi le ali da sé. Alla realtà culturale di Assisi, fino ai nostri giorni, è così parso conveniente ricorrere – in ogni caso, anche quello dell’evento più banale – ai riflessi che la sua produzione dovrebbe avere inevitabilmente nel mondo in ragione proprio di quel mito – umbro, etrusco, romano, comunale, francescano – che la città sembra ancora, dopo millenni, dover metabolizzare. E il mito della città, certamente, rimane una sfida per chiunque produca cultura in Assisi, anche se alla riflessione non deve più sfuggire che esiste una realtà culturale a esso irriducibile, quando tenta di crearne di nuovi.

Principali ambiti di produzione culturale cittadina
Assisi è una città molto erudita in tutte quelle discipline che permettono di ancorare materialmente il mito della città al suo patrimonio artistico, urbanistico e storico, virtualmente alla sua eredità archivistica, letteraria e musicale, artisticamente alla suggestione visiva delle sue atmosfere di velluto sopra sanguigne rimembranze di cose e di persone, latamente alla sua interpretazione spettacolare degli spazi antichi e antichissimi di tutto lo scenario cittadino. Si ricompone così – grazie al sistema erudito di rivivere e studiare e analizzare e riprodurre i miti della città – il quadro delle principali discipline che formano il panorama della realtà culturale di Assisi, tutto sommato identico col trascorrere dei secoli da San Francesco ai giorni nostri. Questa erudizione, da un lato ha conosciuto e conosce preziosi volgarizzamenti di antichi patrimoni culturali nell’interesse di una popolazione naive ma non impreparata, dall’altro ha educato e continua a educare la creatività di tanti studiosi, orientandone la produzione anche verso territori nei quali il mito del nome della città è meno preponderante: ad Assisi, ad esempio, esistono storici dell’arte non solo di specializzazione medievale e rinascimentale, ma anche di ascendenza moderno-contemporanea e gli interessi verso culture extra moenia sono molto ramificati fra la gente.

Mercati di cose culturali
Ad Assisi non esiste un’industria culturale e se sia mai esistita, nei secoli, è una questione che volentieri lascio aperta allo studio e alla riflessione. Qui dico solo che un’industria vera e propria nasce quando il prodotto o il manufatto vengono fatti entrare nel ciclo della commercializzazione oltre i confini locali: sono necessari, dunque, un sistema di informazione e una rete di comunicazione. Queste infrastrutture dell’intelletto (case editrici, radio e televisioni, giornali, con le relative professionalità) esistono nella città, in quali dimensioni sono esistite nei secoli passati, quanto sono state ormai superate, lasciandosi dietro carenze colossali, dalla rete di internet e dei social? Ad Assisi, nella cultura, sembra piuttosto sopravvivere una cortissima filiera contadino-artigianale lungo la quale chi ha prodotto un manufatto intellettuale, in una qualunque delle discipline sopra ricordate, conferisce in esclusiva quel suo prodotto a un ideale mercato di cose culturali che ha sede in città e che ha i connotati fisici della normale presentazione dell’oggetto (un libro, una mostra, un convegno) con ritorni, in termini di consenso e di soddisfazione intellettuale, paragonabili, senza alcuna infamia, ad ancestrali forme di baratto. Questa forma estremamente morale di stare sul mercato, nonostante la sua carenza di propulsività, va osservata con grande rispetto e non ostacolata anche nelle forme di un eventuale suo superamento.

La convalida turistica del prodotto culturale
Il consumo culturale turistico della città è il principale motore che interviene a rendere dinamica la produzione intellettuale di Assisi. Il piccolo mercato locale di cose culturali diventa preda dell’immensa platea mondiale allorché l’interesse turistico si concentra sui miti culturali della città e esige che siano forniti ai visitatori in numero adeguato alle potenzialità del richiamo della città di Francesco. Inevitabilmente, allora, il consumo di massa eccede l’offerta, sembra che non ci sia mai produzione adeguata a sostenere la richiesta culturale incrementata dal turismo mondiale che si riversa sulla città. Chi – in città, in Italia e nel mondo – ha in mano i numeri del turismo di Assisi domina con ciò anche la sua cultura, o per lo meno impone alla cultura regole così nette e di mercato globale da cambiare complessivamente e dalle radici la qualità del prodotto culturale creato dagli intellettuali della città. Chi vuole può anche chiamarsi fuori da questa prospettiva, che è anche di guadagno, ma con ciò si isola, per sempre e senza poter rinascere efficacemente nel web, rispetto al grande flusso della potenziale conoscenza mondiale delle sue cose culturali. Il mito che maggiormente alimenta la domanda di consumo culturale in Assisi da parte del turismo è la figura di san Francesco, in maniera forte e spirituale ma anche imbalsamata e mercificata e le Famiglie dell’Ordine francescano dettano in materia il loro equilibrio alla città.

Monopòli culturali nella città di Francesco
Presa fra produzione culturale locale e consumo turistico globale, Assisi ha dunque creato un proprio mercato interno di opportunità intellettuali, ma più che altro ha fatto crescere alcune innegabili situazioni di monopolio per assicurare la visibilità del proprio patrimonio culturale attraverso imprese, esterne alla città e multinazionali, dai grandi mezzi e dall’immenso potere mediatico. La città si è mantenuta, in questo caso, l’appannaggio di una regia, che, se non è sostanziale, permette in ogni caso ai fiduciari locali di esercitare un potere culturale e di comunicazione di significativa portata. I grandi eventi spirituali e spettacolari mondiali gestiti dal Sacro Convento, ma anche analoghi appuntamenti che fanno capo ad altre Famiglie dell’Ordine Francescano, sono esempi palesi, distribuiti con regolarità nel corso dell’anno, di tale forma di monopolio esercitata sulle radici culturali della città e sui suoi miti. A questo monopolio di fondo, se ne sono aggiunti altri, meno potenti ma pur sempre incisivi, sul tema della pace e, da ultimo, sull’inserimento di Assisi nel circuito Unesco, dovuti, il primo, a un’organizzazione laica, il secondo allo stesso Comune. Su questa scia, si manifestano i primi, grandi interessi esterni per l’utilizzazione della visione della città romana e permane il monopolio della comunità locale sul medioevo attraverso la Festa del Calendimaggio.

Un possibile sistema di valorizzazione dei prodotti culturali della città di Assisi: l’intervento del Comune
Un mercato locale di storiche cose culturali e alcuni monopòli legati a grandi impulsi culturali e spirituali eccedenti la città possono convivere in Assisi in forme diverse da quelle che sperimentiamo e viviamo ogni giorno? La questione riguarda i singoli operatori culturali e i loro modi di comunicare e di rapportarsi, ma soprattutto sta diventando sempre più un problema che deve affrontare, in maniera prioritaria, la municipalità di Assisi. Il Comune non può non intervenire, con un suo progetto costruito con tutti gli attori culturali della città, nei principali problemi fin qui suscitati. In particolare, esso è tenuto a: verificare – anche attraverso una giornata di studio ma poi in maniera capillare e continuata, tenendo conto di tutte le espressioni dell’erudizione e della creatività manifestate dalla comunità – lo stato attuale del Mercato di cose culturali esistente in Assisi, cioè il rapporto tra creazione e consumo di prodotti culturali; disporre iniziative in grado di restituire protagonismo, in maniera molto integrata, a chi conferisce i propri prodotti al Mercato di cose culturali al fine di dare compattezza e spessore a risorse intellettuali in vista di un loro confronto con i monopòli creati dalle necessità del turismo internazionale di Assisi; col concorso di tutte le discipline dell’erudizione e della creatività di Assisi, fare dello studio del Novecento in città il banco di prova privilegiato per ogni ipotesi di ripresa – critica e proiettata sul futuro, scientifica e spettacolare, storica e fantastica, strutturale ed effimera – dei miti delle radici della città nella sua realtà culturale attuale, per verificare se non sia possibile creare il mito della nostra problematica contemporaneità.

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