DIS…CORSIVO. IL LAGO DI PILATO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Sono molti di più di quanto si creda gli escursionisti che, durante l’anno, raggiungono il Lago di Pilato.

Concentrati nella stagione estiva, da adesso a settembre, e invogliati da un'attenta attività promozionale, gli appassionati dei luoghi estremi conoscono i due “occhiali” del Monte Vettore in ogni dettaglio, antropologico e scientifico, magico e ambientale. E si recano a quasi 2000 metri di quota, dopo un'ascesa non proprio facile, per assistere alla colorazione rossa che prendono le acque di Pilato a causa dello schiudersi, in consistenti batterie, delle uova del chirocefalo del Marchesoni, un microscopico crostaceo rosso corallo che vive solo lassù, in assoluta sincronia con l'andamento idrologico del Lago.
La scoperta scientifica del crostaceo risale ad anni recenti (il 1954) ed è, in ogni caso, un prodigio emozionale e un sussulto di fantasia: sapere che tutta la colorazione è dovuta a esserini di non più di 12 millimetri che nuotano a ventre in su, si spostano facendo l'effetto delle spighe di un campo di grano agitato dal vento, hanno un ciclo riproduttivo complesso e unico, con riserve che possono arrivare a svilupparsi anche anni dopo essere state depositate, proietta la scientificità del discorso verso la poesia degli antichi miti della Sibilla e delle porte dell'Inferno che, padrona del campo per millenni, ancora aleggia sull'ambiente di Pilato stretto sotto le guglie del padre Vettore.
Insomma, tra mitologia e scienza, lassù dove si toccano i punti più inaccessibili del confine tra le Province di Ascoli Piceno e di Perugia, sembrano non esserci differenze abissali. La mitologia è inverificabile, ma ciò non vuol dire che tutta la verificabilità sia dalla parte della scienza. Il campo della ricerca scientifica è sempre aperto, è oggi più che mai aperto, come dimostra la spedizione di Greenpeace che, coadiuvata dalle guide del Cai di Foligno, ha appena compiuto dei prelievi dalle acque del Lago alla ricerca dei temibili perfluorurati, le sostanze chimiche che, una volta rilasciate, restano a lungo nell’ambiente e possono risalire la catena alimentare. Se i perfluorurati - la Sibilla non voglia - fossero arrivati a diffondersi anche in un luogo estremo e incontaminato come il Lago di Pilato, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. E ci sarebbe ancora più da angosciarsi se le analisi dei campioni d'acqua prelevati su Vettore dovessero avere riscontri in alcuni o in tutti i luoghi simili a Pilato scelti in ogni parte del mondo: Torres del Paine, in Patagonia (Cile); i Monti Altai (Russia); i Monti Haba, nella regione dello Shangri La (Cina); i Monti Tatra (Slovacchia); i laghetti di Macun (Svizzera) e Treriksroset al confine fra Svezia, Finlandia e Norvegia.
In attesa dei risultati, che saranno forniti da un laboratorio specializzato tedesco, aspettiamo anche quest'anno il ritorno delle colonie di chirocefalo, confidando e illudendoci – oggi tutto ciò costa pochissimo - che essi siano l'ultima versione di antiche leggende e non il bizzarro prodotto di un aspetto imprevedibile dell'evoluzione generale della vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.