Non avremo più il medico di famiglia?

Non avremo più il medico di famiglia? Anche se certamente spiace di dover rinunciare a questa figura “familiare”, punta di diamante della nostra sanità pubblica, che visita nel suo studio e con cui si costruisce un rapporto di fiducia lungo una vita, appare realistico cominciare a porsi questo interrogativo. In primo luogo perché si prospetta, nei prossimi anni, un vero e proprio “buco” di medici di famiglia, per effetto di un loro consistente numero di collocamenti a riposo senza la possibilità che vengano sostituiti, a causa di un’errata programmazione di tali figure. In secondo luogo per il processo di cambiamento che sta caratterizzando la sanità pubblica italiana, in cui si avanza la proposta, nel nuovo modello di strutture previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di assorbire la figura del medico di famiglia in strutture multi-professionali. Con professionisti che si alternano su turni e competenze, in cui i medici di medicina generale non presterebbero più la loro assistenza relazionandosi con il paziente in maniera duratura ed empatica, ma si limiterebbero a fornire prestazioni standard.

Il nuovo modello di tali strutture è riconducibile a quello della “Casa della comunità” che figura nella prima delle due “componenti”, quella delle “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”, in cui si articola la “Missione 6 – Salute” del PNRR.

Tale modello si propone di superare le criticità che nel tempo hanno ostacolato altri percorsi finalizzati ad una piena integrazione, come sono le Case della salute, la cui sperimentazione fu avviata dalla legge finanziaria 2007 con uno stanziamento di 10 milioni, che sono risultate scarsamente realizzate ed in maniera disomogenea.

Il nuovo modello d’integrazione socio-sanitaria delineato dal PNRR può trovare come punto di partenza la sperimentazione di “strutture di prossimità”,già finanziata con il Decreto Rilancio dello scorso anno, che però si limita alla promozione delle salute e alla prevenzione nonché “per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie di persone più fragili”.

La Casa della Comunità – si legge nel PNRR al punto “Investimenti 1: Case della Comunità e presa in carico della persona” – diventerà lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi offerti, in particolare ai malati cronici. Nella Casa della Comunità sarà presente il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie. La Casa della Comunità sarà una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e potrà ospitare anche assistenti sociali”. La presenza degli assistenti sociali nelle Case della Comunità dovrebbe rafforzare il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale.

La Casa della Comunità – continua a specificare il PNRR – è finalizzata a costituire il punto diriferimento continuativo per la popolazione, anche attraverso un’infrastruttura informatica, un punto prelievi, la strumentazione polispecialistica, e ha il fine di garantire la promozione, la prevenzione della salute e la presa in carico della comunità di riferimento”. Vi potranno inoltre essere ospitati servizi sociali e assistenziali rivolti prioritariamente alle persone anziani e fragili, variamente organizzati a seconda delle caratteristiche della comunità specifica.

L’investimento prevede l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture esistenti, sia nuove. Il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2 miliardi di euro. Sono aggiunti ancora 4 miliardi per il potenziamento dei servizi domiciliari, con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali (COT), ed 1 miliardo per lo sviluppo delle cure intermedie, attraverso l’attivazione dell’Ospedale di Comunità, dotato da 20 a 40 posti letto, destinato a pazienti che necessitano di interventi prevalentemente infermieristici. Si tratta quindi di un investimento complessivo di 7 miliardi, cui sono da aggiungere 8,63 miliardi destinati alla seconda “componente” della Missione Sanità riguardante investimenti per l’aggiornamento tecnologico e digitale, soprattutto degli ospedali, nonché per la formazione e la ricerca scientifica.

Sulla Casa della Comunità si registrano numerose iniziative volte ad approfondirne la conoscenza e a proporre particolari percorsi attuativi, con valutazioni positive ma anche di perplessità soprattutto per quanto riguarda il superamento dell’attuale figura del medico di famiglia.

Alvaro Bucci