ELOGIO DELLA PRIMA REPUBBLICA

E’ decisamente controcorrente il libro di Stefano Passigli pubblicato da La nave di Teseo dal titolo “Elogio della Prima repubblica”. Infatti la vulgata superficiale  e sbrigativa con cui si è liquidato il cosiddetto periodo della prima repubblica ad un più attento esame si rivela falsa perché, secondo Passigli, invece  ” la vituperata Prima repubblica è in realtà il periodo aureo della nostra esperienza repubblicana”. Passigli, docente di scienze politiche , parlamentare e sottosegretario nei governi di centrosinistra, argomenta questa sua tesi con molte considerazioni. La prima delle quali è la constatazione, che quegli anni sono stati gli anni in cui l’Italia ha avuto la performance migliore sul piano economico e sociale. Il paese è stato ricostruito dopo la guerra e si è sviluppato con decisi interventi guidati dalla classe politica del tempo. Si pensi al Piano casa, alla riforma agraria, alla riforma fiscale di Ezio Vanoni, alla costituzione della Cassa per il Mezzogiorno, all’inizio della costruzione dell’Unione Europea con i trattati di Roma del 1957. Nell’analisi di Passigli c’è anche la giusta rivalutazione delle élites politiche del tempo, ad iniziare dalla figura di Alcide De Gasperi. ” Il grande statista trentino – osserva Passigli – nell’indicare Fanfani per la segreteria (della DC) compì l’ultimo atto di una vita politica la cui integrità e capacità non hanno più trovato comparabili esempi nella nostra storia repubblicana”. Da parte dell’autore c’è quindi una chiara rivalutazione del ruolo delle élites dopo la stagione dell’ “uno vale uno”, tanto da osservare che ” chi oggi critica l’esistenza di élites politiche, e ne vuole la rapida rotazione nei ruoli ricoperti, dovrebbe meglio conoscere la storia del nostro paese”. E non si basa solo a questo la tesi di Passigli, perché confuta con forza anche la diffusa vulgata, che vorrebbe il periodo della Prima repubblica come il più frammentato ed instabile. Anche nella successione rapida dei governi, secondo l’autore, c’è stata una sostanziale continuità della classe politica e così pure “la frammentazione partitica  si è invece prodotta nel nostro sistema dopo il 1993 proprio con il passaggio dal proporzionale a un sistema maggioritario”. C’è inoltre una rivalutazione  del ruolo dello Stato nell’economia, perché ” a molti potrà sembrare un paradosso, ma la realtà è che non vi sarebbe stato sviluppo dell’impresa privata in Italia senza… decisioni strettamente politiche e senza l’intervento dello Stato in alcuni settori chiave dell’economia”. Nell’analisi dell’autore però la fine della Prima repubblica sarebbe da datarsi prima di quanto comunemente si crede con l’inizio della stagione di “mani pulite”. Per Passigli infatti la fine deve essere ricondotta al 1978, cioè alla morte di Aldo Moro  con l’interruzione del suo rapporto con Enrico Berlinguer, che avrebbe potuto iniziare la stagione dell’alternanza nel governo del paese e quindi il passaggio alla democrazia compiuta. C’è infine nel saggio una strenua difesa della democrazia rappresentativa, perché ” l’opzione per la democrazia diretta, largamente ideologica, ha finito col tradursi non nella ricerca di più ampi spazi di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche, ma in un indiscriminato attacco a qualsiasi forma di delega e di intermediazione”. Un libro, questo di Passigli, veramente controcorrente e che dovrebbe far discutere seriamente una politica rendendola più attenta alla difesa della costituzione mettendola al riparo da frettolose e palingenetiche riforme non seriamente motivate.

Il libraio

 

Stefano Passigli , “Elogio della Prima repubblica”, La Nave di Teseo, Milano, 2021, pp. 372           Euro  19,00