GIORGIA L’AMERICANA

di Pierluigi Castellani

Sono indubbie le attitudini camaleontiche di Giorgia Meloni nell’ assumere , ora che aspira ad essere riconosciuta come leader europea, posizioni ed atteggiamenti per nulla in coerenza con la sua storia e quanto detto nelle sue ultime campagne elettorali. La Meloni  palesemente scettica sull’Europa ed antieuro e la Meloni non proprio filoatlantica ed amica di Steve Bannon, il  teorico americano ultra conservatore ed ispiratore della campagna di Donald Trump, come si conciliano con la Meloni amica di Joe Biden e di Ursula von der Leyen? No,  non si conciliano se non per quel profilo di doppiezza, che la premier ha oramai assunto. Da un lato vuole accreditarsi come leader affidabile degna di sedere nel salotto buono della politica internazionale e dall’altra strizza l’occhio ai suoi tradizionali elettori  , che ancora nuotano nella vecchia cultura della destra italiana, che non ha fatto tutti i conti con il passato. Così ingaggia una lotta con una frangia della magistratura accusata di aver anticipato la campagna elettorale per le europee, dimostra insofferenza per autorità indipendenti del nostro paese come la Corte dei Conti, l’Anac e da ultimo la ragioneria generale dello stato restia a bullonare i provvedimenti del governo, che rischiano di far saltare i conti pubblici. Così esasperando il tradizionale spoil system, cambiando i vertici di istituzioni statali , INPS, RAI, etc. anche se non ancora scaduti. Da ultimo il suo governo sembra aver preso di mira addirittura il vertice del Centro Sperimentale di Cinematografia, quasi a rivendicare una primogenitura, e questa riconosco che è una cattiveria, su quella istituzione fondata da Mussolini. Ma questa doppiezza la si nota anche in altri passaggi laddove si annidano i veri problemi del paese. Emblematico è quanto avvenuto con la riscrittura di parte del Pnrr. La premier ha recentemente annunciato solennemente che si sarebbe predisposto un grande piano per il dissesto idrogeologico del paese proprio mentre Raffaele Fitto, suo ministro, dirottava su altre esigenze 16 miliardi del Pnrr prima destinati, insieme ad altri interventi, al risanamento del territorio sottraendo risorse  anche ai comuni. E poi ancora, la Meloni che abbraccia la Von der Leyen è la stessa della salda amicizia con Orban e con la spagnola Vox, ed è sempre lei quella che rivendica la centralità del parlamento quando invece vuole cambiare la costituzione con l’elezione diretta del premier, la riforma appunto detta del sindaco d’Italia, che assoggetterebbe il parlamento all’esecutivo ? E così via, sarebbero molti gli esempi di una Meloni uno e due con la seconda che contraddice la prima. E’ per questo che rimane sempre qualche dubbio sulla doppiezza della Meloni, che abbiamo vista sedersi di fronte a Biden nella stanza ovale della Casa Bianca. Ma ciò  fa sorgere anche l’interrogativo: qual’ è ora il leader che rappresenta in Italia la destra? La Meloni o Salvini? E’ indubbio che la concorrenziale competizione tra i due leader qualche dubbio lo fa sorgere. Infatti Salvini, che si è visto scippare una parte di elettori proprio da FDI e li vuole riconquistare a tutti i costi ,sta riposizionando  la Lega su battaglie di retroguardia facendo anche sorgere dei dubbi, ad esempio, sulla politica internazionale del paese perché il capo della Lega non ha mica sciolto i suoi legami con Putin mentre la premier rivendica il suo atlantismo ed inoltre Salvini non manca mai di rincorrere le sue vecchie battaglie contro la legge Fornero ed ad invocare la cosiddetta pace fiscale, che sarebbe un nuovo regalo agli evasori, fino a mettersi di traverso, come avvenuto in commissione, sulla riforma fiscale targata FDI. C’è infatti in tutti e due la voglia di rincorrere quella  pancia del paese, che vede ancora lo stato con i suoi bisogni di solidarietà e di inclusione sociale come un nemico da osteggiare e l’Europa, con le sue regole, come un insieme di burocrati da fronteggiare. E’ difficile sia per la Meloni che per Salvini conciliare l’Europa con il sempre ostentato sovranismo. Ma riportare indietro le lancette della storia sarà difficile sia per la Meloni che per Salvini.