I CENTO GIORNI DI GIORGIA

di Pierluigi Castellani

Sono trascorsi 100  giorni da quando si è insediato il governo di Giorgia Meloni e naturalmente si fanno le prime valutazioni sulla performance del governo. La premier tra i primi positivi risultati sbandiera come un grande obbiettivo raggiunto la diminuzione dello spread, cioè del differenziale tra il rendimento dei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi. Ma è vera gloria? La risposta va trovata soprattutto nell’osservare che ciò discende da una politica di bilancio mantenuta all’interno dei parametri di Bruxelles, che , va ricordato, è frutto della rigorosa politica del precedente governo di Mario Draghi e di quelle regole, che il nostro paese entrando nell’Unione Europea si è impegnato a rispettare. Senza quelle regole e senza la costruzione di quelle alleanze, che nel tempo l’Italia ha intessuto, che cosa avrebbe fatto la Meloni pressata da più parti ed anche appesantita dal retaggio della cultura da cui il suo partito proviene certamente non proprio europeista ed atlantista? Non è questa una domanda retorica, tende a mettere in risalto che Giorgia Meloni approfitta di regole ed alleanze che prima aveva avversato e che garantiscono quella protezione internazionale di cui oggi lei si avvale. Se invece andiamo a verificare quanto la sua politica di questi cento giorni ha rispettato delle promesse elettorali, che le hanno fatto guadagnare quel consenso in forza del quale oggi si trova a ricoprire la carica di capo del governo, dovremmo registrare che i suoi cento giorni sono invece stati un vero fallimento. Vediamo perché. Gli italiani si trovano ora a subire un caro carburante perché la Meloni ha mantenuto le accise sulla benzina , che in campagna elettorale aveva promesso di ridurre se non proprio azzerare. Aveva promesso una riduzione del fen9meno della immigrazione ( si ricordi il tanto sbandierato blocco navale) ed oggi ci troviamo un aumento, nei primi giorni di questo anno, di questo fenomeno di cui ci si ostina a non vedere il suo essere divenuto un fatto strutturale, che si può governare e non certo facilmente eliminare, adottando poi un vergognoso ed inutile provvedimento con cui si criminalizzano le ONG. E la richiesta di questo governo all’ Europa di una vera solidarietà trova il massimo ostacolo proprio in quei paesi nei quali sono al governo quelle forze di ispirazione sovranista, che invece dovrebbero essere solidali perché alleate in Europa delle forze politiche  che sostengono il suo governo. Agli elettori inoltre era stata fatta anche la promessa che si sarebbero abbassate le tasse per tutti, ma questo non è avvenuto perché la riduzione è stata introdotta solo per chi potrà beneficiare della flat tax e non certo per quel ceto medio impoverito, che pure ha votato, in grande parte, proprio per FDI. Senza contare che invece con i condoni fiscali s è strizzato l’occhio agli evasori, che sono una piaga di questo nostro paese. Ed allora se si vuole fare una onesta valutazione di questi primi cento giorni di governo dovremmo dedurne che la Meloni deve un qualche risultato solo per aver cambiato colore come una salamandra. Da sovranista ed euroscettica si è fatta europeista, da scettica sulle alleanze internazionali è divenuta convinta atlantista, dall’aver votato nel parlamento europeo contro la Next Generation e in quello italiano contro il PNRR si fa scudo  proprio di quei soldi europei così utili ora al suo governo e da nazionalista qual’era  ora indossa una maschera di convinta internazionalista. Insomma al governo c’è un’ altra Meloni, o così almeno appare, per cui dovremmo dedurne, e  soprattutto lo dovrebbero fare i suoi elettori, che con le politiche che l’hanno espressa non si governa un paese come l’Italia al centro del Mediterraneo e con una tradizione saldamente europeista affacciata sul mondo intero.