Lo stress test e il sistema creditizio nazionale e umbro

di Pierluigi Castellani

Le pagelle che la BCE ha distribuito alle Banche italiane ha evidenziato i consueti tratti di criticità che erano già ben noti a chi si interessa del settore. La sottopatrimonializzazione rilevata per Monte Paschi e Carige avviene all’indomani di ben noti fatti che hanno interessato le due banche e che sono ancora all’esame della magistratura. Sono due esempi emblematici di come non si dovrebbe fare banca nel nostro paese. Il MPS con la gestione Mussari ha evidenziato al massimo quanto di negativo c’è stato negli ultimi anni nella gestione di quella banca. Gloriosa della sua tradizione la banca senese ha tenuto sempre legami stretti con il suo territorio fino quasi ad identificarsi con la città. MPS e Siena sono sembrati un tutt’uno e questo è andato bene finché la banca ha potuto elargire cospicui dividendi alla Fondazione, che  riversava poi sulla città e sul territorio questa manna d’oro, ma ciò ha comportato che anche il managment della Banca e della Fondazione si legassero sempre di più alle forze politiche che amministravano, a vario titolo, la città di Siena. E quando ciò avviene si impoverisce  la professionalità di chi ha responsabilità nella direzione della banca, creando un perverso intreccio di interessi che alla fine ha prodotto quello che sappiamo. Non si può voler essere un grande gruppo bancario sulla scena nazionale ed internazionale e poi restringere la fisionomia identitaria di una banca all’interno del ristretto spazio di una città o di una provincia. In qualche modo la stessa sorte è toccata alla Cassa di Risparmio di Genova, dove però c’è stato  l’aggravante, ma del resto questo è avvenuto anche a Siena, di comportamenti penalmente rilevanti.

Quando una banca, che deve avere un respiro non localistico per vivere, si riduce ad essere controllata da coloro stessi che ne nominano gli amministratori- si pensi al riguardo all’intreccio senese tra Comune, Fondazione e Banca- finisce per produrre politiche bancarie asfittiche se non penalmente discutibili. Se vogliamo, in piccolo, è quanto avvenuto alla BPS umbra, che, alimentata da un rapporto ancillare con la SCS che ne deteneva la maggioranza azionaria, è stata poi travolta dal doppio commissariamento della Banca d’Italia . La cessione a Banco Desio , attraverso l’aumento di capitale necessario, ha affievolito di molto la sua identità di banca umbra ed ha avuto come conseguenza  una secca perdita per i soci sia della BPS che della SCS e la riduzione di quel rapporto privilegiato con il territorio che ne ha sempre esaltato l’esistenza.

Questo  dimostra che le vicende bancarie dell’Italia e dell’Umbria in qualche modo possono essere lette con la stessa lente di ingrandimento e medesima è anche la lezione che se ne ricava. Piccolo è bello finché piccolo rimane, ma quando si vuole fare del piccolo un obbiettivo di lungimirante politica il piccolo poi diventa ambizioso e non stando più nella sua pelle alla fine scoppia.

La vicenda quindi degli stress test, cui la BCE ha sottoposto il sistema bancario europeo, può servire anche a ripensare il sistema creditizio umbro per auspicare  una maggiore robustezza delle sue esili gambe affinché possa reggere alle sfide cui è sottoposto tutto il fragile apparato produttivo umbro.

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