LA POLITICA NELL’AFOSO AGOSTO DEL COVID

di Pierluigi Castellani

E’ impossibile cercare di leggere la politica di questo infuocato agosto come un confronto tra due visioni contrapposte ,ma coerenti,  del futuro del nostro paese. Da una parte c’è il centrodestra che si presenta formalmente compatto e con le sue tre componenti che hanno recentemente sottoscritto un patto  per non sostenere governi diversi da quello rappresentato dalla loro alleanza. Ma le divisioni al loro interno non mancano e non si riesce a comprendere come potranno conciliare il sovranismo di Salvini e della Meloni con lo sbandierato europeismo di Berlusconi. E la cosa non riguarda solo l’utilizzo dei fondi del Mes, ma la visione stessa della collocazione dell’Italia in Europa, collocazione assolutamente condizionante qualunque governo che in Italia voglia utilizzare al meglio i fondi del recovery fund e che non voglia sottrarsi a proseguire in quel cammino per un’Europa più solidale e integrata oramai iniziato. Dall’altra parte c’è un’alleanza giallorossa che sostiene il governo Conte bis, ma che non ha sciolto molti nodi che riguardano  tra l’altro una diversa visione della democrazia, perché la cosiddetta democrazia del web non può soppiantare per il Pd la democrazia rappresentativa disegnata senza equivoci nella nostra costituzione. E poi c’è il contrasto sull’eventuale utilizzo del Mes i cui fondi sono assolutamente necessari per rendere il nostro sistema sanitario all’altezza delle sfide che le emergenze sanitarie possono lanciare al nostro paese. E c’è  una diversa visione dell’intervento pubblico in economia, più attento alle ragioni dello sviluppo e del lavoro nei democratici e più schiacciato nei 5Stelle su meri interventi di tipo  assistenziale. Anche il recente voto sulla piattaforma Rousseau, che ha dato la possibilità ai 5Stelle di accedere ad alleanze con altri partiti, non ha chiarito affatto se il movimento di Grillo vede nel rapporto con il Pd una scelta privilegiata. Questo irrisolto problema sta emergendo anche nel dibattito interno al Pd dove c’è chi ottimisticamente vede la possibilità di un’alleanza organica con i grillini per contrastare la destra e chi teme che il populismo insito nelle non dimenticate piazze dei vaffa possa risucchiare i 5Stelle in un’orbita qualunquista  che favorisca la destra. Insomma la politica italiana  non si sta semplificando, anzi dal bipolarismo degli ultimi anni novanta amaramente bisogna constare che il panorama vede una pericolosa frammentazione di movimenti e forze politiche tale da rendere il paese ingovernabile. Anche il confronto ed il linguaggio politico è mutato. C’è una continua contrapposizione su questioni che possono interessare per qualche giorno l’opinione pubblica ma che non hanno nulla di quella politica che possa guidare ed orientare il paese verso un domani migliore. Non c’è coerenza da rispettare e l’avversario è il nemico comunque da abbattere. Se se ne vuole un esempio basta pensare a quanto sta avvenendo per le ultime disposizioni di prudente restrittività che il governo ha adottato per prevenire una ripresa del contagio. Da una parte Salvini accusa Conte per non aver chiuso il bergamasco prontamente  ( ha chiuso l’Italia poi due giorni dopo) quando il comitato tecnico scientifico lo suggeriva e poi grida all’attentato alla libertà degli italiani quando il governo, proprio su suggerimento dello stesso comitato tecnico scientifico, chiude prudentemente le discoteche. A chi interessa più quel minimo di coerenza che la decenza dovrebbe suggerire? Viene cavalcato ogni contraddittorio umore che possa serpeggiare nell’opinione pubblica. Si guarda al sondaggio quotidiano ed all’immediato e volubile consenso e non al bene dei cittadini. Resta in questo turbolento ed afoso agosto l’alta lezione fornita da Mario Draghi nel discorso di apertura del meeting di Rimini. Quella sua esortazione a passare dai sussidi agli interventi per la crescita e lo sviluppo e quella sua distinzione tra debito buono e debito cattivo deve far riflettere tutte le forze politiche al di là degli schieramenti. Ne va del futuro, come ha ricordato sempre Draghi, dei nostri giovani che in ogni caso saranno chiamati a ripianare quel debito.