L’EREDITA’ DI TRUMP

di Anchise

Prima o poi Donald Trump dovrà comunque uscire dalla Casa Bianca. Tenterà l’ultima resistenza presentando ricorsi per invalidare il voto delle schede giunte per posta, ma non riuscirà a stravolgere il chiaro risultato della consultazione elettorale. A questo punto non possiamo non chiederci: quale eredità lascia dietro di sé dopo questi quattro anni di presidenza? Anche a voler essere generosi non si troveranno molti dati positivi del trumpismo. L’America appare divisa come non mai, sono cresciute le fazioni che si contrappongono, anche armate, e Biden avrà molto da fare per riconciliare il popolo americano come ha promesso. Molte sono le ragioni di  queste lacerazioni. L’America rurale è stata lasciata sola, la crisi  dell’industria iniziata nel 2000 ha desertificato alcuni territori lasciando molti operai senza lavoro e depauperando il ceto medio, quello che Biden ha cercato di recuperare,  in parte riuscendoci. Ma è stata la minacciosa retorica di Trump, il suo ” America first” , e  il populismo sposato in pieno dalla massiccia e distorcendo campagna comunicativa del suo staff a fare il resto. E’ tipico del populismo, che pretende di dare risposte semplici a problemi complessi, dividere i buoni dai cattivi: i buoni quelli che si identificano con il leader e lo seguono ciecamente e i cattivi tutti gli altri. E’ stato così anche in politica estera. Abbandonato il tradizionale multilateralismo della politica americana dello scorso secolo Trump ha sposato l’unilateralismo scegliendo i partner internazionali secondo i propri interessi. Così è avvenuto con la Gran Bretagna di Johnson sostenendo la Brexit per indebolire l’Europa, così  con il Brasile di Bolsonaro nel tentativo di recuperare una vecchia egemonia americana sul mondo sudamericano. Ma i risultasti in politica estera per Trump non sono stati esaltanti. Ha raffreddato le antiche amicizie con l’Europa ed ha messo in dubbio la sopravvivenza della stessa Alleanza Atlantica. Inoltre ha dichiarato l’uscita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in tempo di pericolosa pandemia, è uscito dagli accordi di Parigi sul clima, ha rotto ogni rapporto con l’Iran tirandosi fuori dall’accordo sul nucleare sottoscritto dal suo predecessore, ha acuito la tensione in medio oriente con un rapporto troppo stretto con Netanyahu rendendo difficile ogni dialogo con il popolo palestinese. Senza dimenticare che la guerra dei dazi commerciali per indebolire la Cina ha reso difficile anche le esportazioni verso gli Usa dei paesi europei, in primis la Germania di Angela Merkel. Insomma lascia al suo successore molte cose da riparare e da ricostruite interamente. Per questo molti leader europei con la vittoria di Biden hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma c’è una constatazione ancor più generale da considerare. Tutto è iniziato con il diffondersi nel mondo del sovranismo e del populismo ai quali Trump ha offerto il suo peso partendo dall’innalzamento del muro ai confini con il Messico e con la sua politica restrittiva nei confronti dell’immigrazione. Non si possono affrontare problemi di una società complessa come l’attuale, con le tante etnie che dovrebbero convivere e con le tante disuguaglianze che si dovrebbero invece combattere, a suon di semplificazioni e di slogan elettorali. Il confronto politico è stato ridotto ad una rissa permanente tra fazioni. lasciando pericolosamente sul terreno molte vittime ed acuendo contrasti tra chi si  sente garantito e chi invece rimane ai margini e si sente escluso. La politica del dopo Trump deve ripensare a tutto questo cercando di archiviare anche il trumpismo di casa nostra. Altrimenti purtroppo potrebbe avere ragione Giorgia Meloni quando dice che ” Trump ha perso ma il sovranismo è ancora vivo”.