Allerta Covid in Umbria, quattro scenari possibili e tre indicatori di rischio. I ritardi della nostra regione sulle terapie intensive.

E ora preoccupa l’assalto del virus sull’Umbria. Ci sono tre indicatori che fanno alzare la guardia anche nella nostra regione. Innanzitutto , c’è l’indice Rt che misura la diffusione dei contagi – quante persone contagia un infetto –  con gli ultimi dati  che lo danno in Umbria sopra l’1,1. La soglia è 1 , quella di allerta massima è 1,5. Poi c’è il numero di nuovi casi, negli ultimi due giorni ben 284, un vero e proprio boom mai registrato prima. Terzo fattore, forse il più preoccupante è l’evoluzione della curva , in salita costante. Ma c’è di più: secondo gli esperti la curva sta salendo con rapidità e siamo lontani dal picco. Insomma ci dobbiamo preparare anche in Umbria ad affrontare l’epidemia in autunno-inverno. Quattro sono gli scenari possibili, tra l’altro legati all’indice Rt. Primo scenario, la trasmissione resta localizzata con un Rt regionale appena sopra la soglia dell’unità  e una incidenza bassa. In questo caso resta fondamentale il ruolo dei medici di famiglia che continueranno a seguire i pazienti più fragili con un monitoraggio continuo del loro stato di salute. Scenario secondo, la trasmissione del virus si configura sostenuta e diffusa, ma gestibile, caratterizzata da Rt tra 1 e 1,25. E’ la fase in cui si colloca attualmente l’Umbria che nell’ultimo monitoraggio era ferma sull’ 1,12. Scenario tre, la trasmissione è sostenuta e diffusa, con rischio di tenuta del servizio sanitario. In questo caso ci può essere il rischio di sovraccarico degli Ospedali. Pronto soccorso in affanno, reparti pieni e terapie intensive e sub-intensive in difficoltà. Tutto ciò può significare che nel giro di un mese si potrebbero determinare criticità. Attualmente in Umbria abbiamo 79 pazienti ricoverati negli Ospedali,  nove in più di ieri e undici in terapia intensiva , due in più di ieri. In questo caso l’Rt oscilla tra 1,25 e 1,50. Infine lo scenario peggiore, la situazione sfugge di mano, subentrano grosse criticità nella tenuta del sistema e l’Rt supera 1,5. In questo caso occorre essere pronti , soprattutto negli Ospedali, ad avere più posti letto nei reparti individuati e nelle terapie intensive. Proprio in questi giorni i vertici della sanità regionale stanno lavorando su questo, partendo dai reparti più simili a quelli di malattie infettive. L’idea è quella di predisporre un piano che metta in conto una robusta riconversione dei letti di medicina interna, rendendoli immediatamente disponibili ad ospitare malati Covid. Naturalmente c’è la necessità di dirottare personale sanitario proprio nei reparti Covid, togliendo risorse ad altri servizi. L’altro obiettivo è quello di evitare di ingolfare i due Ospedali principali della Regione (Perugia e Terni) coinvolgendo le principali strutture ospedaliere della rete dell’emergenza: Città di Castello, Foligno, Spoleto, Gubbio e Orvieto.  Naturalmente resta un problema grande come una montagna: come evitare di mandare in tilt i servizi di assistenza ordinari. Rischio che i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) già denunciano con determinazione prendendo come esempio quanto sta avvenendo all’Ospedale di Foligno. ” In modo incomprensibile si sta scegliendo di collocare i malati Covid al terzo piano, in mezzo agli altri reparti “, dicono i tre sindacati della sanità.  Un grido di allarme che arriva un pò da tutta l’Umbria, con liste d’attesa interminabili e malati che aspettano da mesi il loro turno. Nel frattempo virologi e infettivologi mettono in guardia le autorità sanitarie sulla necessità di aumentare al più presto i posti in terapia intensiva proprio in vista della seconda ondata autunnale di contagi. Ci sarebbe , infatti , un rimpallo di responsabilità tra governo e regioni sull’avvio dei lavori. E ora è corsa contro il tempo anche in Umbria per recuperare il ritardo. Per il Sole 24 Ore solo Veneto, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta sono pronte ad affrontare la seconda ondata di Covid , con una dote di letti in terapia intensiva che supera i 14 posti per 100 mila abitanti, una soglia di sicurezza fissata dal Governo a maggio scorso quando stanziò 1,3 miliardi con il decreto rilancio            per potenziare i reparti necessari ai malati Covid più gravi. Le altre Regioni sono indietro, aggiunge il Sole 24 Ore. Tra queste, alcune situazioni sono più a rischio, con la Campania  che al momento ha la situazione più preoccupante ( solo 7,3 letti per 100 mila abitanti), seguita proprio dall’Umbria ( con 7,9 letti ogni 100 mila abitanti). Un ritardo quello umbro che potrebbe costare caro rispetto a chi dopo la prima ondata si è già fortificato.