Università di Perugia, il professor Crisanti reintegrato dal Consiglio di Stato: “L’Ateneo conosceva il mio doppio incarico”

PERUGIA – La battaglia è quella intorno al Polo di Genomica, ma si intreccia con la questione del doppio incarico. E’ un Andrea Crisanti scatenato quello che convoca la stampa e racconta il suo punto di vista su una vicenda lunga e che l’ha visto protagonista. Una vicenda che culmina con il suo reintegro e proseguirà con la richiesta di risarcimento danni del professore.  Tutto parte nel 2010, quando si avviano le procedure per la creazione del Polo. Una struttura per la quale arrivano anche i fondi ma che l’ospedale destina ad altro.

Crisanti chiede gli atti ma l’empasse è ormai chiara. Esplode poi il caso del doppio incarico, collegato al legame con l’Imperial college di Londra. Lo scontro monta finché non arriva la rottura con Moriconi che dichiara decaduto il professore che si difende, dicendo di aver comunicato il doppio incarico ma era scattato il silenzio assenso.

Il Consiglio di Stato ha decretato l’annullamento della sentenza del TAR dell’Umbria 1 marzo 2016, n. 216 e del decreto con il quale il Rettore dell’Università di Perugia aveva illegittimamente dichiarato la decadenza del Prof. Andrea Crisanti dall’ufficio di Professore ordinario del Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Ateneo perugino. Con tale decisione, il Consiglio di Stato ha sostanzialmente reintegrato il Prof. Crisanti nei ruoli dell’Università di Perugia, dai quali era stato espulso. Tra le motivazioni si spiega che l’Università era da molti anni a conoscenza del rapporto tra il Prof. Crisanti e Imperial College e che l’atto di decadenza era illegittimo “perché adottato quando l’appellante aveva già ottenuto un atto tacito di assenso all’aspettativa” e perfino contrario al principio di correttezza, che dovrebbe sempre informare i rapporti tra privati e pubblica amministrazione.

Il Consiglio di Stato ha inoltre condannato l’Università di Perugia al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Il Prof. Crisanti durante questa complessa e lunga vicenda che è passata attraverso cinque pronunciamenti, non ha mai dubitato che alla fine la verità sarebbe emersa e che l’arbitrio dell’azione dell’Università sarebbe stata definitivamente accertata.

L’Università, dopo la conferenza stampa, ha replicato.

L’Università degli studi di Perugia, in merito alle questioni affrontate nel corso della conferenza stampa svoltasi nella mattinata odierna, sottolinea come il Professore Andrea Crisanti sia stato, fin dalla sua assunzione nei ruoli dell’Università degli studi di Perugia, titolare di due rapporti di dipendenza a tempo indeterminato con l’ateneo umbro e con l’Imperial College di Londra. In tutta la vicenda che lo ha riguardato, sia in sede disciplinare che in sede giurisdizionale, non vi è mai stato alcun contrasto rispetto a codesto elemento centrale della controversia.

Ma è proprio in virtù di tale doppio incarico che il Professore Crisanti è stato invitato ad optare per uno di essi, come chiaramente si evince dalla normativa vigente puntualmente ricostruita nella sentenza del Tar dell’Umbria ricca di passaggi logici e richiami giurisprudenziali anche dello stesso Consiglio di Stato che in sede cautelare, nel dicembre del 2015, si era già espresso in maniera contraria a quanto deciso nel luglio 2017. 

I giudici di Palazzo Spada hanno tuttavia cambiato idea e con una succinta “sentenza lampo”, tutt’altro che complessa e articolata come riferito in sede di conferenza stampa, hanno ritenuto di dare una nuova interpretazione delle disposizioni che regolano la materia disponendo la riammissione in servizio dell’appellante. Dalla sentenza emergono alcuni elementi di assoluta novità.  In primo luogo si afferma la possibilità che possa formarsi un “silenzio assenso” in una materia che risulta invece totalmente rimessa alla discrezionalità dell’università quale quella che regola la concessione dell’aspettativa a fronte dell’istanza di un docente.

Inoltre il semplice decorso di 30 giorni dalla medesima istanza consentirebbe addirittura di superare – sempre secondo la decisione del Consiglio di Stato – le valutazioni imposte agli organi accademici dalle norme vigenti, da statuto e regolamento, quasi che si trattasse di un diritto dell’istante a prescindere dalle esigenze dell’Ateneo di appartenenza, in primis l’attività didattica.

Infine, dalla concessione dell’aspettativa discenderebbe, di fatto, il superamento della causa stessa di incompatibilità contestata al Professore Crisanti. È tuttavia noto come il legislatore abbia disciplinato l’istituto dell’aspettativa al fine di concedere un periodo di tempo (fino a un massimo di cinque anni) per rimuovere e/o optare per uno dei due incarichi di cui risulti titolare il richiedente, dando per scontato che si tratti di altro incarico a tempo determinato che si aggiunge al rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato quale quello di professore universitario (addirittura a tempo pieno) presso una università italiana. 

Altra questione è la situazione del Polo di genomica che, ricordiamo, è struttura privata (società consortile a responsabilità limitata), di cui era presidente l’ex Rettore e dalla quale l’Università è uscita con delibera unanime del Cda del settembre 2014, mettendo in vendita la propria quota di socio, prendendo atto di quanto avvenuto nel luglio del 2014 allorché il delegato dell’attuale Rettore si è trovato nell’impossibilità di votare il bilancio sottoposto all’approvazione del Cda del Polo per l’evidenza di sostanziali anomalìe.

 Non si capisce pertanto da chi e come sarebbero stati “sperperati” o “dilapidati” i 10 milioni di euro di cui parla il Professore Crisanti. Né di quali “danni” sarebbe responsabile l’attuale Rettore ed i relativi organi, non ultima la riconsegna degli spazi assegnati al Polo in conseguenza della inosservanza degli obblighi del contratto di affitto approvato e deliberato dalla precedente governance nel 2012 e che prevedeva una durata di cinque anni, termine scaduto nei mesi scorsi.

 

 

 

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