Perugia: Celebrato il 20° anniversario del ritorno alla Casa del Padre del venerabile Vittorio Trancanelli

PERUGIA – «Invochiamo l’aiuto del venerabile Vittorio Trancanelli per le nostre famiglie, per la nostra Chiesa e per l’Italia intera perché, in questo momento, l’Italia ha estremamente bisogno della Luce, della forza, della testimonianza che possono venire dal Vangelo e dalla vita dei Santi». Così ha esordito il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’omelia pronunciata domenica pomeriggio 24 giugno, in una gremita chiesa dell’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Perugia, alla celebrazione eucaristica del 20° anniversario del ritorno alla Casa del Padre del venerabile Vittorio Trancanelli (24 giugno 1998 – 24 giugno 2018), giorno della festa liturgica di San Giovanni Battista. «I Santi – ha proseguito il cardinale – sono delle pietre miliari che ci dicono che il Vangelo non ha riguardato soltanto la vita di Gesù, ma ci sono questi testimoni, questi martiri che l’hanno vissuto, che l’hanno vissuto fino in fondo».

Il noto medico chirurgo Trancanelli ha messo in pratica con semplicità il Vangelo della Carità nella sua breve esistenza, venendo a mancare a 54 anni dopo una grave malattia. A due decenni dalla morte sono in tanti a ricordarlo non perché in vita ha fatto cose straordinarie, ma per aver messo in pratica il passo evangelico del buon samaritano nella professione medica e nel venire incontro all’altro, senza distinzione di nazionalità, cultura e religione. Ha fondato l’associazione “Alle Querce di Mamre” per madri e bambini in gravi difficoltà, adottando, insieme alla moglie Rosalia Sabatini, diversi minori anche con disabilità. La Chiesa lo sta accompagnando alla Santità e papa Francesco l’ha proclamato venerabile il 27 febbraio 2017. Tanti amici e fedeli hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Bassetti con il suo predecessore, l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, e il vescovo di Città di Castello mons. Domenico Cancian, amico di lunga data della famiglia Trancanelli, che ha portato la sua testimonianza sulla vita del venerabile insieme a quelle di alcuni sanitari. Presenti diversi sacerdoti diocesani e religiosi che animano la chiesa dell’Ospedale e per la ricorrenza è giunta da Verona una delegazione della Comunità Regina Pacis fondata dal medico e venerabile Alessandro Nottegar (1943-1986).

«A venti anni dalla nascita al Cielo del venerabile Vittorio Trancanelli non finisce di stupire la sua santità, vissuta nella quotidianità – ha sottolineato il cardinale Bassetti nell’omelia –. Una pienezza di Luce e di amore che ha permeato l’intera sua esistenza. E’ stato un profeta del nostro tempo, perché ha preparato le strade al Signore testimoniando il suo Vangelo, la sua misericordia e la sua bontà. Vittorio è stato sempre se stesso nelle piccole cose ordinarie della vita, o nell’affrontare i grandi problemi dell’esistenza. Come san Giovanni Battista anche Vittorio è stato testimone di Gesù indicandone agli uomini le vie. Soprattutto egli ha detto l’unica parola che conta nella vita: “Dio è amore. Dio è tenerezza, nonostante tutto”. Come direbbe papa Francesco, Vittorio è stato il “santo della porta accanto”. E’ stato un padre che ha educato i figli a lui affidati, che ha compreso che nelle vene dei suoi malati scorreva lo stesso sangue di Cristo. E’ in questa concretezza che risiede la sua santità della porta accanto, perché per tutti era il riflesso della presenza e della bontà di Dio».

«Vittorio è stato un uomo di azione e di contemplazione – ha commentato il presule –, si è santificato nell’esercizio responsabile e generoso della sua missione di medico, di sposo e di padre. Non ha avuto paura di puntare in alto e lasciarsi amare da Dio. Non ha avuto paura di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo e la santità non l’ha reso meno uomo. Ha vissuto le beatitudini del Vangelo e per questo ha saputo andare controcorrente con la forza dello Spirito, che ha pervaso con la sua potenza tutta la sua amata vita».

«Non è fuggito dinanzi alla sofferenza fisica, morale e dinanzi alle incomprensioni e questo gli ha dato la forza ed il coraggio di condividere sempre la sofferenza altri. I malati erano carne della sua carne, perché carne di Cristo e per questo con tenerezza indicibile ne curava le ferite. Cercava la giustizia di Dio e per questo era sempre dalla parte dei poveri e dei deboli».

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