Norcia, il 16 agosto torna la tradizionale “Fiera de’ sienti ‘n può”

NORCIA – Si fa? Non si fa? E dopo giorni di incertezza  qualche ora fa il nuovo verdetto della Pro Loco di Norcia:  “La fiera de Sienti ‘n può si farà’“ il 16 agosto, come da secolare tradizione.

Si può tirare un sospiro di sollievo per la giusta decisione che l’amministrazione comunale ha preso dopo che l’8 agosto, tramite sempre la pro loco di Norcia, era stato comunicato che “diversamente da come previsto nel programma, la tradizionale fiera de Sienti ‘n può non avrà luogo” perché “il comune ci ha comunicato che per motivi di ordine burocratico non sarebbe stato possibile ultimare l’organizzazione per tempo”.

Peccato avevano sostenuto in molti  e qualcuno su facebook, come  Mario, si era spinto oltre invitando il comune “a fare un passo indietro sulla fiera del 16 Agosto, in quanto ci sarebbe sia location che turismo. Come è stata fatta la sagra del tartufo che è diventata ormai una istituzione, stesso valore ha la fiera”. Non sono mancati  i suggerimenti come quello di  Pierluigi che ha proposto di fare la fiera al campo sportivo “perché le tradizioni non si possono dimenticare e la fiera vale quanto la sagra del tartufo e altre manifestazioni fatte in questo triste periodo”.

La fiera del 16 agosto, infatti, può essere annoverata tra le tradizioni nursine poiché vanta una tradizione secolare alle spalle. È stata, fino allo scorso anno, la fiera più vitale del nursino e quella che richiamava più gente anche dai comuni vicini.  Il forte richiamo di questo raduno fieristico dipende anche dal fatto che cade in un momento di festività legato alle ferie estive e quindi ad una grande presenza in loco di persone, soprattutto oriundi (molti dei quali legati professionalmente al mondo della norcineria o al settore alimentare), che vedono in questo avvenimento il perpetuarsi di antiche usanze locali, tanto care a chi è emigrato e a chi ama le proprie radici.

Non si sa  da quando la denominazione “de sienti ‘n può” sia in uso ma, in ogni caso, è la dizione è legata all’emigrazione stagionale. Questa fiera, infatti, fino a non molti anni fa era l’occasione per “trovare padrone” ossia per trovare il lavoro invernale (“la stagione”) nelle botteghe della norcineria nel Lazio, in Toscana o nelle Marche e, viceversa, per i padroni – o chi per loro (sensali) – era l’occasione per trovare i garzoni per la stagione incipiente. Chiaramente, nella contrattazione, si stabilivano condizioni e remunerazioni economiche anche in base all’esperienza del “norcino”.

E “sienti ‘n può”, la denominazione di questa fiera, dipende appunto dall’apostrofe con cui i padroni erano soliti approcciare e ingaggiare i “norcini”, talvolta adolescenti che dovevano lasciare, per esigenze economiche, la loro famiglia e partire per la loro prima avventura lavorativa che si protraeva dall’autunno fino alla primavera successiva. Si trattava di un lavoro durissimo. La giornata del norcino cominciava all’alba, alle quattro o alle cinque del mattino, per poi concludersi a notte fonda, anche a mezzanotte o all’una del giorno dopo. Ancora oggi alcuni raccontano che “al mattino, quando ci si alzava, le scarpe erano ancora calde della sera precedente”. Anche gli alloggi erano rimediati, soffitte o retrobottega. I più fortunati alloggiavano nella stessa abitazione del padrone ma, comunque, dovevano dividere un’unica stanza con altre persone. I pasti  erano, solitamente, a carico del padrone ma venivano consumati rapidamente nel retrobottega mentre si lavorava e ci si sedeva dietro ad un tavolo solo una volta al giorno. Nell’arco di una settimana spettava al norcino mezza giornata di riposo.

È  questa l’altra faccia dell’arte della norcineria e dei “contratti” di lavoro stipulati il giorno della fiera “de sienti ‘n può”. La fiera ha mantenuto la denominazione anche se dall’economia rurale si è passati ad una economia industriale con il conseguente progresso tecnologico e sindacale che ha modificato piano piano le tecniche di produzione e di commercializzazione rendendo possibile la lavorazione delle carni di maiale durante tutto l’arco dell’anno.

La fiera “de sienti ‘n può”, comunque, non è altro che l’evoluzione di un raduno fieristico ben più antico, quello della “Madonna della Quercia” che si svolgeva intorno alla omonima chiesa di Capo del Campo nei pressi della frazione di Valcaldara. In questo caso la fiera fu la naturale conseguenza del culto che si sviluppò  tra il XV secolo e il XVI secolo e che ebbe come epicentro il santuario della Quercia nei pressi di Viterbo. Questa devozione interessò anche la Valnerina tant’è che nella chiesa di Capo del Campo si sviluppò un movimento religioso analogo a quello viterbese con risvolti anche di carattere economico che portarono, con il tempo, alla istituzione di una fiera. È  certo che nel 1560 la fiera esercitava già da tempo un forte richiamo se si sentì l’esigenza di codificare la situazione in atto attraverso “capitoli”, ossia norme volte ad assicurare l’ordinato svolgimento della fiera e le dislocazioni dei mercanti, i quattro giorni della sua durata, le esenzioni dalle tasse per i prodotti venduti in tale occasione e addirittura l’invito a chiedere alle autorità ecclesiastiche di “havere in detta chiesa indulgenza plenaria dal Superiore” in occasione del raduno fieristico. Insomma, una fiera importante, con tutti i privilegi assegnati alle fiere di San Benedetto (marzo)  e di San Giovanni (giugno) sancite negli statuti comunali di Norcia .

A partire dal Settecento, per le mutate condizioni economico-commerciali, per le difficoltà di comunicazione ma anche per i devastanti eventi sismici che sconvolsero il territorio nel 1703 e nel 1730,  la fiera della Madonna della Quercia non risultò più essere competitiva a tal punto che la durata si era ridotta ad un solo giorno. Successivamente ragioni di sicurezza nei confronti di briganti che infestavano la zona, esigenza di migliori strutture per l’esposizione delle merci da parte dei mercanti ma soprattutto il desiderio di attirare all’interno delle mura di Norcia il maggior numero di persone per valorizzare ancora di più il capoluogo come centro propulsivo del territorio spinsero la magistratura nursina a portare avanti il progetto di trasferimento della fiera che si concretizzò almeno sin dal 1741.

La fiera non tornò più dove era nata e cambiando ubicazione con il tempo cambiò sicuramente anche denominazione diventando la fiera di “mezz’agosto” o “de sienti ‘n può”.

“La speranza è l’ultima a morire” dice un proverbio e, per fortuna –  così come è stato fatto per i faoni, il corteo storico e la processione del venerdì Santo  –  la lunga tradizione della  fiera ‘de sienti ‘n può’ non è stata interrotta per incomprensibili ragioni burocratiche perché, al pari degli altri eventi, può  diventare uno stimolo per la ripresa e il ritorno alla normalità.

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