Perugia, a San Martino in Campo un convegno sul “Diabete mellito: clinica e diagnostica di laboratorio”

PERUGIA – Si è svolto ieri a San Martino in Campo nella splendida cornice dell’hotel “Alla Posta dei Donini” un convegno scientifico di aggiornamento organizzato dalla dott.ssa Simonetta Morlunghi, presidente regionale della Società Italiana di Patologia Clinica e Medicina di Laboratorio (SIPMEL), dal titolo “Diabete mellito: clinica e diagnostica di laboratorio”. Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. Responsabile di questo fenomeno è un difetto assoluto o relativo di insulina che consente all’organismo di utilizzare il glucosio per i processi energetici all’interno delle cellule. Quando l’insulina è prodotta in quantità non sufficiente dal pancreas oppure le cellule dell’organismo non rispondono alla sua presenza, nel sangue si avranno livelli di glucosio più alti del normale (iperglicemia) favorendo così la comparsa del diabete mellito. È purtroppo una patologia che ha una grande diffusione: secondo la Federazione Internazionale del Diabete le persone colpite nel mondo nell’anno 2013 erano 390 milioni con una previsione di circa 600 milioni nel 2040. «Sono in aumento ” – ha spiegato nella sua relazione il prof. Carmine Fanelli – sia il “diabete 1” che il “diabete 2; in particolare il secondo è dovuto ad uno stile di vita non corretto, alimentazione sbagliata, sedentarietà, fattori modificabili e che possono essere corretti con un intervento di prevenzione che permette risultati positivi ad un costo basso, evitando tutta una serie di gravi complicanze che sono gravate da un alto rischio di ospedalizzazione. Tenendo conto delle drammatiche previsioni per i prossimi decenni i sistemi sanitari potrebbero andare in seria difficoltà: è quindi fondamentale lavorare sulla prevenzione che deve avvenire in ambiente medico ma soprattutto a scuola e in famiglia, controllando i casi di obesità infantile e adolescenziale. Fondamentale quindi la cultura e l’educazione».
Aspetto importante che è stato messo in evidenza durante il convegno di San Martino in Campo è l’insorgenza subdola della malattia, che decorre in modo silente per anni, per poi manifestarsi con complicanze sempre molto gravi. Fondamentale quindi la diagnosi precoce ed uno screening della popolazione che presenta i fattori di rischio. Sono state poi presentate le ultime innovazioni e le più recenti metodologie per la diagnosi di laboratorio e le novità in campo clinico e nel monitoraggio dei pazienti diabetici.
Ha partecipato il dott. Bruno Biasioli, presidente nazionale SIPMEL, ha spiegato le finalità dell’associazione. «Ci occupiamo di formazione in campo professionale e scientifico per circa 2000 associati, professionisti della medicina di laboratorio in Italia, medici e tecnici di laboratorio, biologi, chimici e biotecnologi. Siamo presenti in tutte le regioni d’Italia con una struttura federale: l’Umbria spicca per la sua intensa attività con convegni di elevato contenuto scientifico e formativo, come quello di oggi, sempre con molti iscritti. Uno dei punti chiave delle nostre attività formative è quello di unire medici clinici e professionisti della medicina di laboratorio, perché siamo convinti da sempre che l’attività sanitaria si può fare solo con un lavoro d’equipe, un lavoro complementare: gli “uomini soli al comando” non servono più.
È intervenuto il prof. Roberto Verna presidente della WASPALM, la federazione mondiale delle società scientifiche di laboratorio che ha sottolineato l’azione mondiale della struttura, volta all’armonizzazione delle varie pratiche che si svolgono nei tantissimi Paesi associati in ogni continente. «L’OMS ci ha incaricato recentemente di raccogliere i requisiti minimi per i laboratori di analisi, che naturalmente in Italia e in occidente sono scontati ma che in Uganda o in Indonesia vanno ancora raggiunti. Il diabete, tema di oggi, è una malattia tipica del mondo più ricco ma si sta espandendo in ogni parte del mondo ed è un esempio di nuovo approccio del laboratorio per la diagnosi precoce e per il monitoraggio della successiva terapia. L’Italia ha un ruolo guida in questo settore e in generale per il livelli di qualità e di efficienza del nostro sistema sanitario nazionale».
Sono intervenuti al convegno il dott. Emilio Duca, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, il prof. Andrea Mosca, ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica all’Università di Milano, il prof. Roberto Testa di Ancona, la dott.ssa Elisabetta Torlone esperta di diabete gestazionale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e il dott. Basilio Passamonti responsabile del Laboratorio Unico di Screening dell’USL 1 dell’Umbria.
Il prof. Mosca ha parlato dell’HbA1c, un biomarcatore fondamentale nella gestione del diabete. L’emoglobina glicosilata o glicata A1c è un parametro di laboratorio che misura un particolare tipo di emoglobina nel sangue. I valori di HbA1c rispecchiano le concentrazioni medie di glucosio nel sangue negli ultimi tre mesi. L’emoglobina glicata permette di sapere se la glicemia ha superato i livelli di “guardia” nelle persone diabetiche o a rischio di diventarlo. L’emoglobina glicata si forma quando nel sangue si accumula troppo glucosio: attraverso un processo che si chiama glicosilazione, una molecola di zucchero si lega all’emoglobina contenuta nei globuli rossi (che hanno vita media di circa 120 giorni), in maniera proporzionale alla glicemia. Tutte queste caratteristiche rendono l’emoglobina glicata un parametro molto più utile della comune glicemia nella diagnosi e nel monitoraggio del diabete.

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