Perugia, caso Calabrese, la replica del fratello dell’assessore: “Solo fango”

PERUGIA – Fango. Per il fratello dell’assessore Francesco, Filippo Calabrese, le accuse di Miccioni sono fango, frutto dell’imbarbarimento della politica. LA denuncia era di spartizione di consulenze a professionisti vicini alla giunta. In questo caso talmente vicini da portare lo stesso cognome. “A metà del 2015, ovvero oltre un anno da quando insediato il nuovo Presidente (che peraltro non ha responsabilità di gestione), mi sono stati affidati due incarichi particolarmente impegnativi e delicati, uno di natura contenziosa. Non entro nel loro merito per non violare obblighi deontologici di riservatezza, ma in ogni sede ritenuta necessaria, compresa quella comunale, potranno essere valutati sino a loro esito ormai definito, di certo e considerevole vantaggio, anche patrimoniale, per Umbra Acque S.p.a. (e del Comune di Perugia che ne detiene il 33% delle quote). Sono false le cifre divulgate nella conferenza stampa tenuta da due esponenti del Pd, i compensi professionali richiesti per questi due incarichi, applicando il minimo tariffario, sono di circa 19 mila euro complessivi dei quali, allo stato, pagati circa 6 mila. Così come è falso definirmi “socio” di mio fratello Francesco, da quando ha assunto l’incarico di assessore, mi sono dovuto aprire la mia personale partita Iva, con la quale esercito la mia professione, lui da subito assorbito dal nuovo impegno pubblico che ciascuno può valutare quanto intenso”.

Filippo Calabrese poi rilancia e sfida Miccioni: “Si spinga oltre e chieda, con analoga istanza di accesso, a tutti gli organismi pubblici partecipati dal Comune di Perugia, nonché alle società a prevalente capitale pubblico, quali incarichi legali assegnati negli ultimi cinque anni, con quali (ben altri) corrispettivi. Quando otterrà quegli elenchi, potrà verificare se vengono puntualmente applicati i dovuti principi di pubblicità e rotazione, oltre che di economicità, per i professionisti che vi lavorano. Potrebbe persino accorgersi che proprio la mia è stata una corretta eccezione alla regola di monopolio e inamovibilità degli stessi e soliti professionisti. Con il quadro che potrà osservare, valuterà se esigere l’applicazione di quei principi”. Alla luce della nota Calabrese non digerisce che la sua professione venga accostata a “favori di casta politica, sino alla denigrazione di riferimenti falsi. Mi pare dunque inevitabile valutare tutte le iniziative di tutela che servono. Chi cerca le dimissioni di mio fratello (osservo che è un refrain che torna ogni volta puntuale), si cerchi altri argomenti, non coinvolga la mia persona e professione, che certamente non sgradirebbe riuscissero una volta per tutte ad ottenerle”.

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