Profughi, Flamini (Prc): «L’Umbria dei comuni e di San Francesco faccia la propria parte»

Quello che sta succedendo in Umbria rispetto all’emergenza profughi sta dentro una situazione generale di carattere nazionale: gran parte dei richiedenti asilo sono gestiti tramite le prefetture e solo una percentuale minima con il sistema Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati)  in cui sono i comuni a decidere. La dice lunga il fatto che su 8000 comuni solo un decimo ha accettato di avere uno o più Sprar. Anche nella nostra regione, in effetti, la maggioranza delle amministrazioni locali, per non essere accusate di “portare immigrati”, delega tutto alla gestione emergenziale del Viminale. E in questo modo si moltiplicano ipocrite lettere al prefetto e iniziative similari di lamentele inutili. In realtà nel Decreto Legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 agosto 2016 scorso si dispone che i comuni possono accogliere nel sistema Sprar 3 richiedenti asilo per ogni mille abitanti. Non solo. I comuni che decidono di accettare un progetto Sprar (che prevede, nel quadro di una “accoglienza integrata”, insegnamento di italiano, tutela legale, psicologica e sociosanitaria, formazione al lavoro e percorsi di avviamento all’autonomia, oltre che vitto e alloggio) saranno esentati dai centri della prefettura. Inoltre degli ormai “famigerati” 35 euro al giorno nulla dovrà provenire dalle casse comunali che anzi avranno, se aderiranno, la possibilità di avere indirettamente incentivi tali da compensare alcuni vincoli dei patti di stabilità e la possibilità di assunzione di personale. Nonostante tutto, però, il luogo comune più usato anche da alcuni amministrazioni comunali della nostra regione è: «Facciamo fare ai migranti lavori “volontari” così si ripagano l’ospitalità». A questo ritornello così caro alle destre nostrane e, purtroppo, a certe amministrazioni di quel che resta del centrosinistra umbro, vogliamo rispondere che il lavoro va sempre pagato. Altra cosa è la progettualità formativa promossa da associazioni e cooperative. Ora, la possibile soluzione, in un contesto in cui i comuni hanno sempre meno risorse, potrebbe essere quella di rendere obbligatoria la partecipazione ai progetti per ogni comune in base a criteri quali il numero di abitanti, le opportunità occupazionali e gli stabili disponibili. Occorrerebbe anche che fossero previste misure di carattere economico punitivo per le amministrazioni che rifiutano qualsiasi forma di accoglienza. Occorrerebbe, poi, che anche enti come quelli religiosi, votati all’ospitalità, ma refrattari anche a mettere in pratica le stesse parole di Papa Francesco, mettessero a disposizione i propri spazi. Tutto il resto è propaganda ed egoismo.

 
di Enrico Flamini, Segretario Regionale di Rifondazione Comunista dell’Umbria

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