Hammamet venti anni dopo

di Pierluigi Castellani

Il film di Gianni Amelio , nelle sale in questi giorni,  ripercorre gli ultimi mesi della vita di Bettino Craxi ed ha il pregio di stimolare una riflessione sulla figura e la politica del leader socialista al di fuori di un revival giustizialista, che  sembra ancora affliggere chi ha criticato il film perché nasconderebbe  un giudizio negativo nei confronti dei giudici di mani pulite. A questa critica ha giustamente risposto Amelio rivendicando al suo film un’attenzione alla persona di Craxi con quella pietas, che contraddistingue un’opera d’arte. Senza voler dare un giudizio critico sull’opera di Amelio va comunque detto che il film merita di essere visto almeno per la superba interpretazione dell’anziano e malato leader di Pierfrancesco Favino. Favino non solo è  totalmente dentro il personaggio come deve fare un grande attore, ma anima i comportamenti, il modo di gesticolare, i tic di Craxi fino a riproporne la voce tanto da far dimenticare che ci si trova di fronte ad una mera rappresentazione e non all’autentico Bettino Craxi.  Ora comunque sembra che sia giunto il momento per una valutazione  degli anni del craxismo scevra da pregiudizi, perché ancora siamo in presenza di un interrogativo che pesa sulla storia della sinistra italiana.

Infatti lo stesso Zingaretti si interroga sul come dare un’impostazione nuova alla sinistra e a tutto il centrosinistra in un momento in cui il populismo sovranista è sulla cresta dell’onda. Insomma ancora una volta la sinistra si trova a dover fare i conti con la contemporaneità, con le sfide del mondo di oggi, con la necessità di superare schemi vecchi legati alla cultura politica dello scorso secolo come tentò di fare Craxi con il suo ritorno a Proudhon  declinato per cercare di superare la lettura ottocentesca del vecchio marxismo. Se poi ci sia veramente riuscito è un’altra questione, che dovrà essere affrontata in sede squisitamente storica anche perché Craxi di errori ne ha certamente fatti con quel suo circondarsi di nani e ballerine, come ebbe a dire Rino Formica, cedendo troppo alle lusinghe leaderistiche alimentate e celebrate dalle scenografie di Filippo Panseca e nel volersi sottrarre alla giustizia italiana. Al dà di quei fallimenti però la questione rimane : come può affrancarsi la sinistra italiana, ma aggiungerei tutto il centrosinistra, dalla stanca ripetizione di formule e ricette vecchie per conquistare una nuova leadership in un paese, come il nostro, dominato dal verbo populista semplificatorio e seducente ? La questione quindi è aperta. Per questo vedendo il film di Gianni Amelio chi, come chi scrive, ha attraversato gli anni della prima  e della seconda repubblica ed ora si trova a vivere la presente stagione non può non registrare, che ,pur con tutte gli errori, le colpe e i fallimenti,  la politica del passato aveva comunque l’ambizione di voler disegnare il futuro del paese e  non  di pensare solo all’immediato consenso. L’ambizione di accettare la sfida del nuovo e di riformare il presente è forse quello che manca alla politica di oggi.  Gianni Amelio iniziando il film e terminandolo con Craxi bambino, che con la fionda infrange una vetrata, ha voluto consegnarci questa provocazione?