Perugia, un detenuto incendia la cella: tre poliziotti feriti

PERUGIA – “E’ stata una serata da incubo”, spiega Fabrizio BONINO, segretario regionale per l’Umbria del  Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria. “Verso le 22:40, un detenuto albanese con fine pena 2027 ha dato fuoco alla cella nel Reparto Circondariale di Perugia Capanne: prima ha dato fuoco alla cella e poi si è chiuso nel bagno nella doccia. Purtroppo, tre poliziotti penitenziari sono rimasti intossicati e poi ricoverati in ospedale al Silvestrini.

Il detenuto non ha riportato nulla ed e stato portato in isolamento. I motivi sembrerebbero futili, inerente ad un rapporto disciplinare, ma nell’occasione dell’incendio tutti gli altri detenuti hanno incominciato a inveire contro il personale sbattendo forte i blindati e le inferriate. Poteva essere una tragedia, sventata dal tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari di servizio nel Reparto e dal successivo impiego degli altri poliziotti penitenziari. Sono stati bravi i poliziotti penitenziari in servizio nel carcere perugino a intervenire tempestivamente, con professionalità, capacità e competenza”.

Donato Capece, segretario generale SAPPE, rivolge “solidarietà agli Agenti di Polizia Penitenziaria intossicati” ed esprime “solidarietà e apprezzamento per la professionalità, il coraggio e lo spirito di servizio dimostrati di poliziotti penitenziari di PERUGIA. E’ solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del SAPPE per quello che fanno ogni giorno, se  le carceri reggono alle costanti criticità penitenziarie”.

Dura la critica del SAPPE ai vertici dell’Amministrazione Penitenziaria: “In tutto questo contesto, il Capo dell’Amministrazione penitenziaria Consolo si preoccupa di cambiare taluni vocaboli ad uso interno nelle carceri e non a mettere in campo adeguate strategie per fronteggiare questi gravi eventi. La preoccupazione del DAP è che non si debba più dire cella ma camera di pernottamento, la domandina lascia il posto al modulo di richiesta, lo spesino diventa addetto alla spesa dei detenuti, non ci sarà più il detenuto lavorante ma quello lavoratore e così via”, conclude. “Questo aiuta a capire quali evidentemente siano le priorità per il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria. Non il fatto che contiamo ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane e umbre, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati proprio dal DAP. Che ogni 9 giorni un detenuto si uccide in cella e che ogni 24 ore ci sono in media 23 atti di autolesionismo e 3 suicidi in cella sventati dalle donne e dagli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria.  Non, insomma, soluzioni concrete alle aggressioni, risse, rivolte e incendi che sono all’ordine del giorno e frequentissime anche nel carcere di Perugia, visto anche il costante aumento dei detenuti in carcere, o all’endemica carenza di 7.000 unità nei ruoli della Polizia Penitenziaria. No. La priorità, per il Capo DAP, è la ridenominazione delle parole in uso nelle carceri…”.

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