Spariti 28 mila euro dalle casse del Comune di Narni

NARNI – Il caso della dipendente dell’ufficio anagrafe del Comune di Narni finisce in Corte dei conti. L’impiegata è chiamata a restituire oltre 28 mila euro di ammanchi, soldi relativi ai diritti che i cittadini pagano per avere le carte d’identità. Mercoledì la vicenda è approdata di fronte alla Sezione regionale della magistratura contabile nell’ambito di una odissea giudiziaria che per la 63enne, difesa dall’avvocato Valerio Provaroni, è iniziata nel 2013. In quell’anno la dipendente dell’ufficio di Narni Scalo venne denunciata per peculato e licenziata in tronco per essere stata ritenuta responsabile di un ammanco da 2.600 euro – poi saliti a 28 mila in sede penale con una serie di controlli fatti partire dal 2004 -, soldi che poco dopo ha restituito pensando a un suo errore. A fine 2017, è arrivata l’impugnazione del licenziamento da parte della dipendente, che si è vista dare ragione dal giudice del lavoro del Tribunale di Terni, che le ha riassegnato il posto con il pagamento da parte del comune di Narni di tutti gli arretrati – quasi 100 mila euro -. La motivazione alla base di questa decisione è chiara: mancano prove certe che facciano pensare a una manomissione del registro dei diritti. Secondo i giudici il caso è da collegare più che altro a procedure a quel tempo lacunose, tanto che dopo la vicenda fu adottato un sistema che consente di verificare in modo certo la corrispondenza tra incassi e numero delle pratiche evase dai vari dipendenti dell’amministrazione. Il legale dell’impiegata si è concentrato proprio su questi argomenti, sottolineando come tra ferie e l’utilizzo della stessa password da parte di altri lavoratori si possa attribuire alla 63enne la responsabilità di quanto accaduto. La sentenza è attesa nei prossimi giorni.

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