Perugia crocevia di processi e inchieste ma gli spazi sono carenti. I tempi della Cittadella giudiziaria e il declassamento della Questura
Quello sul rimpatrio di Alma Shalabayeva è uno dei tanti processi che vengono celebrati a Perugia per la competenza del capoluogo umbro di giudicare su fatti che coinvolgono magistrati romani. Si tratta di una competenza delicata che negli anni ha fatto assumere ai magistrati perugini, requirenti e giudicanti, un ruolo di primo piano nel panorama nazionale. Quella su Luca Palamara e sulla Loggia Ungheria, ad esempio, sono soltanto le ultime indagini di una lunga lista. Sul versante di chi giudica, invece, basta ricordare il processo per l’omicidio di Mino Pecorelli il cui imputato – e assolto – era il sette volte presidente del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti, ma anche il numero uno di Mafia Capitale, l’ex Nar Massimo Carminati, che arrivò a Perugia grazie al presunto ruolo di mandante dell’allora magistrato Claudio Vitalone, anche lui poi assolto. Ma l’elenco è veramente lungo: dalle toghe sporche di Pierfrancesco Pacini Battaglia – l’uomo dei misteri – allo scandalo della cosiddetta “cricca”. Ma Perugia è stata anche un coacervo di presenze inquietanti e sospette, tanto che per moltissimi anni i nostri servizi segreti tennero aperta una sede fissa in città. Viveva a Perugia uno dei cinque attentatori che uccisero un bambino e ferirono 37 persone nell’assalto sanguinoso alla sinagoga di Roma nel 1982. Partì da Perugia, dopo aver frequentato l’Università per Stranieri, Alì Agca che nel 1981 in piazza San Pietro tentò di uccidere Giovanni Paolo II. Anche in questo caso l’elenco sarebbe lungo. Insomma, Perugia ha rappresentato e rappresenta uno snodo importante per la giustizia e sicurezza del nostro Paese. Negli ultimi anni però la città sembra aver dimenticato il ruolo centrale di Perugia nello scacchiere nazionale. Eppure si tratta di eventi e circostanze che hanno una ricaduta importante sul capoluogo umbro, basta vedere l’attenzione che viene riservata dai maggiori mezzi di comunicazione nazionale. Una città sempre più distratta che emerge anche dalla situazione preoccupante in cui versa l’edilizia giudiziaria: processi che vengono trattati nella bella ma piccola Aula Affreschi in centro, altri in via XIV Settembre e altri ancora nella sala congressi Aldo Capitini di proprietà della Provincia. Tra un pò di anni (quanti ?) – speriamo – si dovrebbe realizzare la cittadella giudiziaria nel vecchio carcere di piazza Partigiani che dovrebbe ospitare finalmente i giudici di Perugia. Per questi e per altri motivi fa ancora rabbia la decisione presa – novembre 2018 – dall’allora Ministro degli Interni (Matteo Salvini) di declassare la Questura di Perugia, passata dalla prima alla seconda classe, con a capo un Questore non più dirigente generale ma “solo” dirigente superiore. Una scelta che fu fatta in occasione della “riorganizzazione delle articolazioni periferiche dell’amministrazione della pubblica sicurezza”, con il capoluogo umbro costretto a lasciare la “Serie A”. Un declassamento, non l’unico, che non provocò l’indignazione della principale istituzione locale (Comune di Perugia), che passò nella più totale indifferenza delle organizzazioni sindacali di categoria e non suscitò alcun risentimento da parte della città. Su giustizia e sicurezza la città deve rialzare la testa, riacquistare l’orgoglio di una volta perché Perugia può vantare doti notevoli e non può rassegnarsi ad un lento e silenzioso declino. Qualcosa si può ancora fare anche se il danno è stato fatto: provare a rispettare il cronoprogramma fornito dal comune sulla cittadella giudiziaria nell’ex carcere di Piazza Partigiani e riaprire un tavolo di confronto con la ministra Luciana Lamorgese sulla possibilità di rivedere la decisione presa sulla Questura dall’ex collega Matteo Salvini. Nel primo caso il cronoprogramma del comune di Perugia prevede la progettazione definitiva entro il 2023, la gara d’appalto nel 2024 e l’ultimazione dei lavori entro il 2027 . Il Demanio però sconfessa la previsione di Palazzo dei Priori e prevede altre tempistiche: progettazione entro febbraio 2026, conclusione dei lavori 2030. Due ipotesi discordanti, difficilmente conciliabili con i bisogni della città. Nel secondo caso, invece, occorrerebbe una iniziativa unitaria promossa dal Sindaco del capoluogo umbro e dai parlamentari della regione. Ma prima ancora occorre aprire gli occhi e rendersi conto di quanto sta rischiando la città, per agire poi con coscienza e piena consapevolezza.