Sanità, il nuovo piano dell’Umbria: nessuna visione e problemi irrisolti. Si spoglia un altare per vestirne un altro

Il nuovo Piano sanitario regionale si sta rivelando un vero e proprio ginepraio. Così come la convenzione fra Regione e Università. L’accoppiata Tesei-Coletto ha provato a fare tutto in modo sbrigativo e senza una vera partecipazione, a forzare i tempi dopo due anni di immobilismo, trascurando di fatto chi si prende cura dei pazienti. Una proposta realizzata alla insaputa dei medici e degli operatori sanitari, portata avanti senza coinvolgere territori e sindaci e senza un sereno e serio confronto politico. In questi giorni la giunta regionale sta provando a mettere una toppa con la Tesei impegnata ad incontrare alcuni sindaci (quelli sopra i 15 mila abitanti), i sindacati e alcune sigle di categoria, per illustrare la parte del Pnrr sulla sanità. Una toppa che rischia di essere peggio del buco. La verità è che la proposta del nuovo Piano sanitario non piace a nessuno e non affronta le carenze emerse durante la pandemia. Un piano che non si sofferma a trattare argomenti scomodi, che non mette al centro il cittadino-paziente, che non riesce a disegnare una nuova visione e che non tiene conto della transizione demografica della nostra regione è uno strumento inconcludente e sterile. La Tesei continua a parlare delle risorse del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) che grazie al governo nazionale arriveranno anche in Umbria, taglia i distretti e promette 17 nuove Case di comunità, spoglia un altare per vestirne un altro e così via. “Promette nuove strutture sanitarie senza avere il personale per gestirle e farle funzionare”, denunciano i sindacati. Nel più grande ospedale della regione si assiste a malati “ricoverati nei corridoi”  – denunciano i rappresentanti degli infermieri – ma si continua a parlare solo di ospedali di comunità. Gli organici sono ridotti all’osso ma garantisce fondi per le nuove Case di comunità a mezza Umbria: Umbertide (200 mila euro), Montefalco (1,2 milioni di euro), Nocera Umbra (700 mila euro), Fabro (670 mila euro) e ad altri tredici comuni. Insomma, un bailamme che fa rumore ma che dimostra l’assenza di una visione. Per ora nessuna parola sulla rete dell’emergenza, nessuna considerazione sulle due aziende ospedaliere, nessun riferimento sui tanti doppioni inutili, sull’assenza di casistiche di alcune strutture complesse, sulla mancanza di standard di qualità e sicurezza di alcuni reparti. In questa situazione la giunta regionale si appresta ad approvare il nuovo Piano sanitario dell’Umbria, prevista per martedì prossimo. E, nello stesso tempo, saranno approvate le due delibere con le quali si impegneranno i 106 milioni di euro del Piano di ripresa e resilienza, con 24,6 milioni di euro destinati alle 17 nuove Case di comunità. Nel frattempo i contratti dei direttori generali sono scaduti e la giunta regionale non ha ancora proceduto alle nomine, con il più grande ospedale dell’Umbria guidato da mesi da un facente funzione. Mentre la convenzione con l’Università attende ancora di essere firmata malgrado le assicurazioni della governatrice dell’ 8 febbraio scorso: ” C’è l’accordo definitivo sui contenuti e modello”.