Scomparsa di Barbara Corvi: arrestato il marito. Delitto d’onore: ” Il tradimento deve essere lavato con il sangue”

All’ alba di questa mattina è arrivata la svolta: i Carabinieri hanno arrestato il marito di Barbara Corvi, la donna di Amelia scomparsa 12 anni fa . I militari hanno eseguito l’ ordine di carcerazione per omicidio firmato dal Procuratore di Terni, Alberto Liguori. A metà settembre scorso la Procura aveva  iscritto nel registro degli indagati il marito e il cognato della donna, rispettivamente Roberto e Maurizio Lo Giudice. A rivelarlo era stata la trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?”. Il marito di Barbara ha sempre sostenuto che la moglie si sarebbe allontanata volontariamente. Barbara era madre di due figli, che all’epoca dei fatti avevano 19 e 15 anni. La versione del marito però non ha mai convinto i familiari di Barbara. È stato il Procuratore Liguori a riaprire il fascicolo. Proprio Liguori ad Agosto scorso interrogò il marito nella caserma dei carabinieri. L’ uomo però non rispose alle domande. Stamattina la svolta. Roberto Lo Giudice, marito di Barbara, è ora accusato di concorso in omicidio premeditato aggravato e occultamento di cadavere. Indagato a piede libero anche il fratello Maurizio Lo Giudice, per gli stessi reati. E’ stato il Procuratore Alberto Liguori, insieme al comandante provinciale dei Carabinieri Davide Milano e alla comandante del nucleo investigativo Elisabetta Spoti, a spiegare tutti i particolari dell’indagine.  L’omicidio di Barbara Corvi sarebbe avvenuto fra le ore 16 e le 17,30 del 27 ottobre 2009. Duplice il movente: la gelosia ” segnata dalla mentalità mafiosa che impone di lavare con il sangue ogni tradimento” oltre a ragioni “economiche”. Gli investigatori hanno ricostruito tutti i passaggi della vicenda, la storia di Barbara e quella del marito Roberto, partendo dal suo arrivo in Umbria dalla Calabria. Roberto arrivò insieme al padre che poi fu ucciso in un agguato mafioso nel Lazio. La famiglia arrivò ad Amelia in quanto il padre era in “soggiorno obbligato”. Il Procuratore Liguori ha ricordato come la famiglia di Barbara ” non aveva mai visto di buon occhio il matrimonio”. Un passaggio molto importante è stato quando Liguori si è ancora soffermato sul movente: ” Ci siamo convinti che sia stato un omicidio la cui matrice non è stata mafiosa in senso stretto, ma legata alla mentalità mafiosa”. Sarebbe, quindi, questo il contesto dentro il quale si è consumata la tragedia: ” La donna è un oggetto – ha aggiunto Liguori – non ha una propria autonomia, non può decidere. Ed ogni tradimento, in base al codice d’onore della ‘ndrangheta, deve essere lavato con il sangue”.  Si è fatto riferimento anche alla storia di Angela Costantino scomparsa da Reggio Calabria. Era la moglie di Pietro Lo Giudice, fratello di Roberto, uomo della ‘ndrangheta, madre di 4 figli.  Fu uccisa a soli 25 anni, un omicidio consumato per cancellare la vergogna e l’offesa di una relazione extra coniugale. Due condanne definitive a 30 annidi reclusione si sono state inflitte per quella vicenda. Due omicidi ” accomunati dal movente della gelosia che, nel caso di Amelia, si interseca con la componente economica”, ha sottolineato ancora Liguori. Fra i testimoni anche un collaboratore di giustizia. Gli investigatori lo hanno sentito in Calabria, ha confessato di aver parlato con Roberto Lo Giudice pochi giorni dopo la scomparsa di Barbara e Roberto ” ha ammesso di essere coinvolto nella scomparsa della moglie”, ha precisato sempre il Procuratore di Terni. Sono state sentite diverse persone, testimonianze raccolte nell’ambiente mafioso calabrese soprattutto dopo ” la pax siglata” tra famiglie . E’ stato fatto un lavoro di squadra con l’autorità giudiziaria di Reggio Calabria e alla fine ci sarebbero stati riscontri importanti,  con testimonianze precise e dirette. Tutti tasselli utili per ricostruire quanto avvenuto quel 27 ottobre del 2009, fra le ore 16 e 17,30 quando Barbara Corvi e il marito erano soli in casa. Lei non si sentiva bene, c’era tensione tra i due e – da quanto ricostruito dagli investigatori – l’auto di Roberto, in quel lasso di tempo, non si è mai spostata dalla casa di famiglia. Una ricostruzione che smentisce quella del marito, ovvero che Barbara gli avesse proposto di fare un giro in auto. Roberto Lo Giudice alle 17,40 va in una tabaccheria ma Barbara già non c’è più.  Per la Procura si ” tratta di una prima lettura in chiave cautelare che, confortata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha fatto emergere un quadro indiziario all’indirizzo dell’indagato, trapiantato ad Amelia ma originario di Reggio Calabria. Il Lo Giudice, in base agli elementi raccolti, pur non appartenendo al clan mafioso di riferimento, nella vicenda in esame sembra averne condiviso la mentalità : il tradimento deve essere lavato con il sangue”. Straordinario è stato il lavoro dell’Arma dei Carabinieri che ha ricevuto l’apprezzamento di tutta la Procura della Repubblica di Terni ” per la capacità di condurre un lavoro di altissimo profilo e per le straordinarie energie messe in campo”.