Medici in rivolta contro il governo, i camici bianchi dell’Umbria pronti allo sciopero: stanchi e in fuga dal pubblico. Fuggi fuggi dagli ambulatori

Sono stati chiamati eroi. Sono stati applauditi sui balconi di tutta Italia. Sono stati ringraziati più volte da tutte le istituzioni ma in queste ore tutto sembra cambiare. Addirittura penalizzati dal governo Meloni che punta a fare cassa sulle loro pensioni. I medici sono sul piede di guerra, pronti allo stato di agitazione e allo sciopero generale entro dicembre. Anche i medici umbri sono pronti a scendere in piazza contro la legge di bilancio approvata dal governo Meloni-Salvini-Tajani. Una legge, affermano i medici, che andrebbe a colpire in modo pesante proprio la loro categoria e che innescherebbe, da subito, un ulteriore e pericoloso esodo dei professionisti dal Servizio sanitario nazionale.  Una prospettiva definita “inaccettabile” e contro cui i camici bianchi si dichiarano pronti allo sciopero. “Con un vero e proprio attacco ai diritti acquisiti – denunciano – si riducono le aliquote di rendimento dei contributi versati prima del 1996 colpendo quasi il 50% del personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media”. Per i rappresentanti sindacali dei medici si tratta di un vergognoso cambio delle regole che mina il rapporto di fiducia tra lo Stato e i cittadini. Anche per il sindacato degli anestesisti-rianimatori “la misura è colma” sottolineando il rischio di una ulteriore fuga di professionisti dalla sanità pubblica. Coloro che hanno i requisiti potrebbero, infatti, decidere di andare in pensione entro fine anno per evitare il nuovo meccanismo di calcolo che scatterà dal 2024. Il danno diretto per gli ospedali pubblici sarà la perdita istantanea di oltre un migliaio di anestesisti e rianimatori e di medici di Pronto soccorso. Un colpo mortale alla tenuta del servizio sanitario pubblico. L’accusa nei confronti del governo si allarga anche alle risorse destinate alla sanità. Gli investimenti previsti, sostengono i sanitari, sono insufficienti rispetto alle esigenze e alle criticità odierne. A differenza della sanità privata che viene premiata con un aumento dei contributi statali che va dai 280 milioni a oltre 1 miliardo di euro. Una sterzata, quindi, verso il privato che porterà moltissimi medici ad abbandonare il lavoro pubblico e di questo passo in meno di dieci anni oltre il 60% del personale necessario a far funzionare sale operatorie, rianimazioni, pronto soccorso, finirà con l’essere appaltato al lucro privato, con costi almeno raddoppiati (solo per il personale) a carico dei Servizi sanitari delle regioni (compresa la piccola Umbria), e quindi per i loro contribuenti. A tutto ciò si aggiunge la irreversibile carenza di medici di famiglia. In Umbria mancano quasi 140 medici di base, dovrebbero essere 854 ma stando ad uno degli ultimi dati forniti dalla Federazione regionale dei medici di medicina generale in servizio se ne contano 716. Le aree scoperte sono soprattutto nelle zone rurali e marginali e dell’Appennino. Secondo Agenas nel triennio fra pensionamenti e mancate sostituzioni il saldo negativo salirà di 244. Una situazione esplosiva che sta provocando in tutta l’Umbria forti tensioni. Per molti in Umbria siamo “a un punto di non ritorno”. Secondo un sondaggio realizzato da Cimo-Fesmed, la federazione sindacale che rappresenta migliaia di medici, i camici bianchi umbri sono ormai stanchi, rassegnati e in cerca di un posto di lavoro altrove. Ben 239 medici dell’Umbria hanno risposto al sondaggio e il dato che emerge prepotentemente  è che il 77% degli intervistati vorrebbe continuare a svolgere la professione medica, ma soltanto il 26,4% resterebbe nella sanità pubblica. Il 17% preferirebbe lavorare nel privato, il 21,9% andare all’estero, il 15,1% svolgere la libera professione e il 19,6% anticipare il pensionamento. Sicuramente la legge di Bilancio approvata dal governo Meloni rappresenta un ulteriore buon motivo per abbandonare il Servizio sanitario pubblico. Stipendi bassi, ritmi disumani e poca sicurezza: tante ragioni per lasciare il servizio pubblico per quello privato o per scappare dall’Umbria. Per molti, infatti, lavorare in queste condizioni è impossibile e magari decidono di lavorare meno e guadagnare di più. Così si spostano in una clinica privata, come sta avvenendo nella nostra Regione.