Pasqua, vescovo di Spoleto: “Nostro territorio in notevole crisi, lavoro è diritto”

SPOLETO – “ Il nostro territorio sta vivendo una crisi socio-economica di notevoli proporzioni”: è l’allarme lanciato dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, in occasione della messa di Pasqua. Nel corso dell’omelia, il presule ha fatto un’analisi della situazione parlando di “sofferenza di tanti”.
“Penso in particolare – ha detto – alla situazione emersa in occasione del progetto promosso dall’Archidiocesi di Spoleto-Norcia per il sostegno all’occupazione mediante l’assegnazione di borse lavoro semestrali finalizzate alla formazione ed all’assunzione presso aziende selezionate. Per 18 borse disponibili, sono pervenute 191 domande, quasi tutte da cittadini italiani, in maggioranza giovani con percorsi di scolarizzazione di elevata qualità. Ciò significa che il nostro territorio sta vivendo una crisi socio-economica di notevoli proporzioni.”
“La mancanza di lavoro – ha continuato – spesso rappresenta, purtroppo, l’anticamera della povertà; e i numeri ci dicono che la povertà è sempre più affare di molti e non sfortuna di pochi… I dati raccolti preoccupano e tratteggiano una situazione di profonda crisi del sistema economico produttivo locale, confermato dalla chiusura di molte aziende. A farne le spese sono i più giovani che, per la prima volta dal dopoguerra ad oggi, vivono una condizione di benessere inferiore a quella dei propri genitori e nonni. La Chiesa diocesana, attraverso la Caritas, continuerà a fare la sua parte, offrendo riparo a chi vive la difficoltà”.

E ancora: “Non si può, però, pensare che sia sufficiente offrire per carità ciò che spetta per giustizia: il lavoro è un diritto da esercitare e da tutelare e non solamente un bisogno da soddisfare. Possiamo anche stupirci che l’annuncio di gioia pasquale non tolga la sofferenza del mondo, che dopo una breve euforia ci ritroviamo, dopodomani, domani e forse oggi stesso di fronte ai problemi di sempre: la malattia, l’ingiustizia, la violenza, la fame, la disoccupazione”.

“La gioia pasquale – ha continuato – infatti, deve fare il conto con la realtà nella quale, dal punto di vista storico dello svolgimento degli eventi nella loro materialità, nulla sembra essere cambiato: continuano a sussistere intorno a noi la malattia, la morte, l’odio, le inquietudini sociali. La Pasqua non elimina immediatamente queste realtà, ma ci dice che, se Cristo è vivo nella gloria di Dio, se Cristo è vivo nella Chiesa e nella storia, se è vivo, quindi, in noi, tutto questo non solo non ci impedisce di amare, ma ci rende possibile sperare ed amare sempre di più”.

“Ma la Pasqua è molto di più – ha concluso – e ci insegna che dobbiamo chiederci che cosa possiamo cominciare a fare noi, con il nostro amore, la nostra disponibilità, il nostro intervento immediato, con lo stesso nostro ottimismo che nasce dall’avere bevuto alla sorgente della vita che è Cristo. Il cambiamento dei nostri atteggiamenti personali e comunitari ci permette di vivere tutte le situazioni, anche le più dolorose, e di impegnarci, con la forza di Dio, a modificarle dal di dentro? La vita risorge con Cristo, la vita di Cristo in noi ci fa capaci di dare vita e di testimoniarla. L’augurio pasquale che ci ripetiamo oggi non sia soltanto allora un voto o un desiderio, ma una realtà immersa nella storia e divenga per tutti noi una responsabilità”.

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