DIS…CORSIVO. NON E’ FRANCESCO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Se, nel giro di un mese, la Basilica di San Francesco di Assisi entra nella cronaca nazionale per due episodi legati allo stato della conservazione dei beni culturali contenuti nel massimo tempi francescano,

qualcosa che non quadra nel marketing del luogo di culto umbro fra i più visitati al mondo dev'esserci. Poche settimane fa, la vicenda dei contestati restauri era sembrata una cosa grottesca, più che una questione giottesca. Ma la cosa era finita lì, come in molti avevano saputo prevedere.
Adesso, invece, la vicenda sembra riaccendersi, ma per un altro motivo: i frati di Assisi lanciano un appello di richiesta fondi per porre mano ad affrechi trecenteschi e seicenteschi.
Fra i due eventi non dovrebbe esserci alcun legame patente e solo una perfida dietrologia potrebbe divertirsi a cercare qualche occulto collegamento fra l'episodio “grottesco” e l'emergenza lanciata oggi dai frati.
E anche a me va di analizzare un po' l'ultimo episodio senza presupporre alcun legame patente fra la polemica innescata un mese fa da “Repubblica” e la “campagna di solidarietà” fatta partire in questi giorni.
La cosa che più m'infastidisce – lo dico subito, tanto per sgomberare il campo dagli equivoci – è che il solito mondo di gente dello spettacolo in vena di pacificazione con la propria anima si è subito dato da fare per stare accanto ai frati di Assisi nella nobile azione della raccolta fondi, lanciando proclami di ineffabile sciatteria.
Tutta gente di casa, per carità, sulla Piazza del Colle del Paradiso di Assisi: da Carlo Conti a Renato Zero, da Milly Carlucci al Trio Medusa, senza dimenticare Aldo Cazzullo, postosi a supporto intellettuale e giornalistico e per equilibrare un mondo un po' troppo fatuo come quello dei cantanti di musica leggera che, annualmente, presentano il piccolo Sanremo locale a ridosso del tempio francescano.
Ma perché nessuno si interroga sui motivi di fondo che impediscono al marketing del tempio francescano di poter fare fronte a un impegno di spesa calcolato in poco meno di 500 mila euro?
La cifra, ad essere onesti, non sembra gigantesca e non sarò certo io a chiedere qualche informazione in più sul giro di elemosine che i milioni di pellegrini che ogni anno visitano la Basilica depositano accanto alle loro devote preghiere nelle casse del Sacro Convento. Sarebbe fare della dietrologia e non mi azzarderei mai ad andare a guardare dove non è lecito andare a guardare.
Ciò che però voglio dire è che non si può far cercare di far credere alla gente che – come ha scritto il sorcino per eccellenza Renato Zero - “è ancora San Francesco a chiederci attenzione e tutela per questa sua nobile dimora”. Il Santo, per favore, lasciatelo fuori dalle beghe amministrative e finanziarie, altrimenti dovremmo essere costretti a ricordare che, per finanziare lui la sua campagna a favore dei poveri, vendette gran parte di un bel patrimonio familiare personale borghese e andò a vivere, egli stesso, di povertà.
L'impegno per i restauri di Assisi deve correre per altre vie che quelle di una lodevole campagna di raccolta fondi. Molto probabilmente vi sono problemi strutturali nel marketing dell'Ordine che non si possono coprire con la foglia di fico di una chiamata a raccolta di buoni sentimenti da palcoscenico illuminato.
Ma ognuno sa, nel suo cuore, la verità e specie coloro che guidano la barca hanno nei loro cuori verità ancora più profonde che, custodite gelosamente e non sparse ai quattro venti, potranno portare a risolvere problemi, anche finanziari, con i quali Francesco d'Assisi, e qualche moderno cantore, non c'entrano proprio nulla.

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