DIS…CORSIVO: SPOLETO. L’ARTE (H) A PESO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Mentre a Todi è in svolgimento la fiera delle app, a Spoleto va in scena il “Festival art”, un evento che passa indenne dalla vecchia alla nuova amministrazione: “Ogni iniziativa volta a valorizzare il centro storico è ben venuta in città”, così lapidariamente ha dato il placet della Giunta l’assessore comunale all’urbanistica Antonio Cappelletti. A Todi si profilano grandi numeri, a Spoleto ugualmente: sono ben duemila gli artisti che dal 26 al 29 settembre affolleranno il Chiostro di San Nicolò. L’arte ha il suo peso e si vende a peso: non si può dire diversamente il senso di complesso imbarazzo in cui lascia l’informazione che veicola, a titoli cubitali, come fossero semplici cittadini pittori della domenica, duemila persone in grado di essere definiti, a tutto tondo, artisti.

Ci dev’essere qualche confusione: o si sono fatti male i conti, o si è un po’ largheggiato nella conta, o si scommette su un numero esorbitante per assicurarsi un nucleo di solide affermazioni nel prossimo futuro, o si è presa l’arte come cura morale e opera di incoraggiamento per stati di pessima autostima dei singoli (al Premio del Festival ci si può anche auto invitare), o si continua a perpetuare una formula organizzativa che con lo sviluppo dei social network dovrebbe essere stata superata, nel senso che la platea materiale che si poteva dare almeno un decennio fa ad aspiranti artisti oggi può benissimo essere assicurata agli stessi dagli scambi di contatti via “mobile applications”, cioè con quelle app che, nell’altra capitale umbra della cultura, Todi, si stanno testando e incentivando negli stessi giorni.
Il pensiero va a tutto lo sforzo che è stato fatto, negli anni, per recuperare un manufatto come il San Nicolò: qui, dov’era approdato anche Martin Lutero, dove per le alterne fortune della gloria della cultura avevano trovato posto nei secoli successivi stalle e magazzini, l’equilibrio da poco raggiunto con il teatro, il centro espositivo e il centro congressi va preservato e, possibilmente, fatto avanzare. Davvero si crede che soppesando l’arte fino a farle toccare valori come quelli del “Festival art” si possa valorizzare il Complesso di San Nicolò? Alla quinta edizione, gli organizzatori ne sono assolutamente convinti: “La nostra manifestazione è cresciuta negli anni nonostante la crisi, a dimostrazione che le idee e le sperimentazioni ben riuscite superano ogni ostacolo e che l’arte può essere quella spinta intellettuale che può far uscire dall’impasse economica del momento”, così Luca Filipponi, pluripresidente dell’organigramma dell’evento, che prevede due direttori: quello artistico, quello della critica e della comunicazione, oltre a una presidenza di rango per la Commissione del Premio.
A me sembra che la strada della valorizzazione dell’equilibrio del Complesso di San Nicolò passi per altre vie, meno intasate, lungo le quali sia possibile darsi il tempo per una sosta culturalmente più ragionata e crearsi lo spazio per una più serena condivisione di dialoghi artistici di quanto sappiamo che farà il “Festival art”. Come possono garantire l’autentica fruizione del San Nicolò cento stand in cui trovano ricovero i duemila artisti provenienti da ogni parte del mondo?
Ma se qui può anche essere l’esteta a parlare, ponendoci dal punto di vista dell’organizzatore di eventi o dell’amministratore della città siamo certi di non lasciarci alle spalle, con la formula del “Festival Expo”, qualche ambiguità di troppo? Non si congegnavano, macchine festivaliere come questa, dieci o vent’anni fa? Quale impensabile mecenatismo può esserci dietro, se abbiamo tasse di partecipazione al Premio che vanno dai 130 euro per pittura, scultura e fotografia ai 25 euro per la sezione della letteratura? Un bel divario, non c’è che dire: l’arte pesa tanto, tanto di più del semplice scrivere e costa tanto, tanto di più della letteratura. E se ripartissimo da qui, da queste mercantili differenze, per cercare di capire un po’ di più il “Festival art” di Spoleto?

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