L’ENTE PER LA TINTEGGIATURA DEL PONTE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Narra un apologo che un grande ponte, vanto dell’ingegneria di regime, cominciò a manifestare danni alla sua estetica provocando il mugugno di alcuni cittadini residenti di qua e di là del grande fiume solcato dal viadotto. Il regime era quello sovietico, i cittadini, compagni cittadini. La staticità dell’opera non era in discussione: ad appenare i compagni cittadini era lo stato di progressivo arrugginimento delle meravigliose arcate del ponte. Fiduciosi fino alla morte nei compagni burocrati, alcuni compagni cittadini scrissero una lettera per domandare, in nome del progresso, di scartavetrare la ruggine e di passare tintura nuova e fresca su ampie parti di quel miracolo d’ingegneria. Detto fatto, l’efficiente macchina burocratica sovietica mise a disposizione del lavoro un valente compagno imbianchino, un “pittore”, come si dice anche da noi, il quale studiò il da farsi e cominciò il lavoro.

Ben presto si accorse che, sali e scendi dalle impalcature, prendi i secchi con la vernice e risali, per quanto s'industriasse di economizzare al meglio tempo e risorse, gli sarebbe stato molto utile un aiutante, un compagno facchino. Ne fece domanda ai compagni burocrati e l'ottenne, un giovanotto agile e snello che al suo posto scendeva e saliva portando, come un grande equilibrista, secchi e secchi di vernice. Venne però il giorno in cui il compagno facchino, sempre per rendere le cose più spedite – i compagni del ponte, intanto, passeggiavano e, anche senza volerlo, vigilavano – a sua volta espresse il desiderio di essere affiancato da un mezzo che facesse la spola tra il punto di rifornimento delle tinture – si era a una ventina di chilometri da Mosca – e il luogo in cui si lavorava a rendere luminose le arcate del ponte. Fu inoltrata una nuova domanda ai compagni dell'apparato e se ne ebbe un nuovo, immediato assenso, che consistette nella messa a disposizione di un camioncino, alla cui guida era un terzo operaio del glorioso regime. Incuriosito da tanta progettualità locale, un giorno un compagno burocrate di quelli che contano fece un giretto verso quello che era diventato un apprezzabile cantiere e, visto lo stato dell'arte, quando tornò in direzione si fece propugnatore, presso i compagni della segreteria politica, della necessità di costituire, per il migliore progresso dei lavori, un Ente per la tinteggiatura del ponte – Etp, appunto. I vertici del Partito furono concordi nell'istituire l'Ept, dotandolo di un bel gruzzolo di rubli e di un apparato amministrativo composto da un direttore generale affiancato da due vice. L' Etp, molto solerte alla consegna ricevuta, era quasi tutti i giorni lungo le sponde del fiume, sotto una bell'ombra estiva, per sorvegliare il lesto procedere dei lavori. Si andò avanti in questo modo per molto tempo, senza altro aggiungere al lavoro del compagno imbianchino che, attorniato da tanta struttura, lavorava al meglio delle sue potenzialità. Furono, però, i compagni del ponte a farsi venire qualche scrupolo, noi diremmo “di debito pubblico”: in fondo, non avevano chiesto che un “pittore” e ritenevano che la richiesta fosse stata fin troppo esaudita, che così procedendo avrebbero rischiato di compromettere, per la loro parte, le finanze dello Stato. Dubbi da compagni revisionisti, ma tant'è... Si risolsero a scrivere una seconda lettera, nella quale si profondevano in ringraziamenti prima di chiedere se, nell'interesse dello Stato, non fosse il caso di ridimensionare tutto l'apparato costruito sull'esigenza di una vera opera pubblica. Un po' revisionisti che fossero anche i compagni burocrati – o forse solo perché frastornati da quell'ambiente meraviglioso in cui l'Etp gozzovigliava da mattina a sera in compagnia di floride compagne del ponte – la risposta alla lettera fu di nuovo molto accondiscendente. Vi fu una riunione – a Mosca, stavolta – dell'Etp, in cui il direttore generale propose che, visto lo stato di progresso dei lavori realizzati presso il ponte, si poteva “tagliare” ormai qualche spesa (da dirottare verso altri “apologhi”, n.d.c.) e fare quella che oggi chiameremmo “spending review”. La proposta fu accolta e il giorno dopo fu recapitata al compagno “pittore” una lettera con la quale si poneva termine al suo incarico, mentre tutte le altre maestranze, dirigenza dell'Ept compresa, rimanevano al loro posto. Ciò era giudicato sufficiente, soddisfacente e onorevole.

Già, onorevole! Per quel po' di morale che si può ricavare da ogni apologo, è doveroso rivolgere un invito ai molto onorevoli rappresentanti del popolo italiano – per fortuna non più compagni da tempo di un regime, dopo essere passati per il fascismo, per il comunismo e per il berlusconismo – affinché, nell'atto di mettere le mani su tagli del tutto necessari alla macchina pubblica, facciano proprio il rifiuto dell'infingarda stupidità di cui si sono fatti grandi interpreti i compagni burocrati dell'apologo allorché hanno tagliato la sola, vera, naturale, necessaria spesa e hanno lasciato sopravvivere, invece, le sovrastrutture, sempre più improduttive e deleterie. Il fatto che il governo abbia avocato a sé le scelte da fare rispetto al Piano Cottarelli in qualche modo rassicura rispetto agli anni in cui i tecnici, i “compagni burocrati” di Mario Monti, hanno avuto mano libera di tagliare, con somma stupidità da regime soviettardo, tutte le teste più deboli che si sono trovati di fronte:la politica torna di nuovo ad assumersi le sue responsabilità.

Quell'imbianchino dell'apologo può essere, ad esempio, la sanità, può essere il sociale, può essere chiunque di noi si adopera per dare alla macchina pubblica il meglio di sé ed è cosciente, peraltro, dei sacrifici che deve compiere. L'imbianchino dell'apologo non ha chiesto, infatti, di duplicare la propria professione, ha solo chiesto che, per completare la sua opera, gli si dessero i mezzi più economici per farlo, evitando il più possibile di far dirigere il proprio lavoro da chi è superfluo e improduttivo perché di pura facciata è il suo ruolo. L'Ente per la tinteggiatura del ponte può diventare l'Essenziale traguardo del prodotto.

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