LIBRERIA. IL SEGRETO DELLA CRIPTA MESSAPICA

di Maurizio Terzetti / Che cosa sia, oggi, un romanzo storico è difficile dirlo, ma chi era domenica scorsa a Collemancio, a confronto con il libro Il segreto della cripta messapica di Pietro Francesco Matino (Ciesse edizioni, 2015, pp. 253), un’idea può essersela fatta.

E può anche avere preso confidenza ed entusiasmo rispetto a un genere narrativo che non va più per la maggiore ma che, opportunamente trattato, riapre alla grande il tema del rapporto che ognuno di noi ha con la storia, compresa quella personale, individuale, generazionale.
C'è, infatti, questa esigenza nel bel romanzo che Matino ha fatto conoscere al folto pubblico della Piazzetta dell'Antiquarium del borgo di collina di Collemancio, durante l'iniziativa voluta dalla locale associazione culturale e da Civium, insieme al Comune di Cannara, alla presenza di Donatella Porzi, Presidente dell'Assemblea legislativa dell'Umbria.
“Il mio” - ha detto l'autore - “è un viaggio nel tempo alla ricerca di un messaggio molto particolare e anticipato dai molti segni che, nel bene e nel male, le generazioni che ci hanno preceduto ci hanno lasciato. La storia è, insieme, questa discesa in epoche lontane e questa incusrsione nel nostro passato prossimo. Ma essa è anche il percorso che i protagonisti delle vicenda narrate intrecciano tra di loro per portare una parola di fede, di cultura e di impegno in più anche alla modernità, a quei 'noi stessi' di allora che sono diventati, diciamo, adulti”.
E, infatti, la trama del libro prende avvio dalle peripezie di alcuni adolescenti di Manduria, città eccellente del Salento e antico centro del popolo dei Messapi, a metà degli Anni Sessanta del secolo scorso. Alcuni ragazzi vivono molta parte del loro tempo a ridosso del santuario di San Pietro Mandurino, che, scrive Matino, ogni giorno di più si rivela “inaspettato luogo di mistero e di strane coincidenze”. Il protagonista, Greg, ha appena dieci anni e si appoggia, per così dire, su un suo zio che, per essere il fratello di gran lunga minore di sua madre, gli è poco più che coetaneo. Il rapporto fra i due è franco e vitale: Greg ha rispetto atavico per lo zio, ma gli parla da pari a pari quando, insieme, cercano di compiere certe loro indagini di natura molto spirituale: vogliono scoprire, niente meno, perché l'anziano custode del sito - Guglielmo – sia entrato contemporanemente in certi loro sogni trasformandoli, secondo loro, in acuti incubi. A essi si unisce, un po' più avanti nel libro, Don Antonio, che riuscirà, col suo modo molto giovane e innovativo di vivere l'imminente Chiesa del Concilio ma ancora in contrasto con la Chiesa preconciliare, a guidare Greg e altri due suoi amici verso la riconquista della serenità perduta visitando un po' troppo in profondità la cripta di San Pietro Mandurino.
I ragazzi, appunto, si muovono nella cripta del santuario e lungo le imponenti mura messapiche con tutta la forza e la spontaneità senza secondi fini che caratterizza il loro bisogno di crescere intorno a un nucleo di religiosità facendosi guidare da intuito, ragione e ispirazione di testi biblici. Spesso, però, non sanno fronteggiare la forte irruenza extrasensoriale che certi luoghi non pacificati fanno emergere dalle pietre. Il pathos della parte finale del libro è un crescendo drammatico di prim'ordine, che l'autore narra prestando un po' della sua lucidità – Matino è un medico scrittore - a Padre Antonio, fervente armonizzatore di telogia e psicanalisi.
Altri soggetti, adulti, molto meno “positivi” fanno del sito archeologico di San Pietro il punto attrattore dei loro interessi malavitosi. Così, il “giallo”, il “noir”, i “colpi di scena” diventano fondamentali per lo sviluppo della trama del libro, impiantato su un'efficace inquadratura “verista” di uomini e cose pugliesi di cinquant'anni fa. Ma nell'opera di Matino ci sono poi tante altre componenti che vale la pena di sottolineare: c'è l'elegia e la nostalgia, c'è la descrizione di usi e costumi contadini, ci sono pagine e pagine di intensa azione collettiva di tutta una comunità, c'è un profondo legame fra le generazioni, anche se spesso la “legge degli adulti” è particolarmente dura e non ammette repliche.
La complessa vicenda narrata nel libro arriva un punto fermo, il dramma storico si scioglie. E - ha confessato l'autore - “lascia a ognuno di noi, oggi, letto il libro, il compito di vivere quanto più responsabilmente il presente, sapendo che se in ognuno di noi c'è il bene e c'è il male, la volontà della scelta fra le due alternative secche ci appartiene per intero. Abbiamo il dovere di costruire il futuro senza arrenderci a quella che spesso sembra l'ineluttabilità della storia in grado di sovrastarci e di annientarci”.
Ecco, il romanzo storico prosegue nella vita di tutti i giorni e Matino ha salutato con questo augurio il pubblico che con tanta attenzione gli ha prestato ascolto nella raccolta quiete estiva di Collemancio, a un passo da un sito archeologico – Urvinum Hortense - fra i più belli dell'Umbria.

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