ASSALTO ALLA DEMOCRAZIA AMERICANA

di Pierluigi Castellani

Anche noi italiani abbiamo assistito sbigottiti  all’assalto di gruppi di facinorosi, alcuni anche armati, a Capitol Hill, considerato da tutti il tempio della democrazia americana. Guardando quelle immagini sullo schermo televisivo non sembrava di assistere a qualcosa che stesse accadendo negli USA , forse nel Venezuela di Maduro o in qualche altro paese del terzo mondo con scarsa tradizione democratica. Eppure stava avvenendo proprio a Washington, là dove per noi occidentali è la sede della più grande democrazia del mondo. Come è potuto accadere ? A questa domanda dovrebbero cercare di rispondere i cittadini degli USA, soprattutto quelli che consegnarono quattro anni orsono la presidenza ad uno spregiudicato uomo d’affari chiamato Donald Trump. Tutto questo però interroga anche la coscienza di tutti noi, noi italiani e noi europei, perché non si può non tenere conto che la libertà e la democrazia vanno conquistate e difese giorno per giorno. Le minacce infatti possono essere nascoste anche in quei segnali di trasformazione della democrazia a cui stiamo assistendo e che stanno mettendo in crisi il sistema  di democrazia rappresentativa dotata di quei pesi e contrappesi che dovrebbero preservarla da scorciatoie populiste mascherate da esigenza di democrazia diretta. Forse anche negli USA dovranno prima o poi porsi il problema. Sfasamenti e distorsioni sono evidenti. Quando l’elezione del presidente è determinata dal voto dei grandi elettori anziché dal voto popolare alla lunga questo può generare qualche frattura, che può diventare insanabile, quando la camera alta, il senato, non rispecchia la maggioranza degli elettori dell’intero paese ma soltanto i singoli stati rappresentati da due senatori ciascuno senza riguardo alla diversa consistenza della popolazione ( il piccolo Vermont conta due senatori quanto il popoloso stato della California), quando la elezione del Presidente viene convalidata dagli eletti anziché da un organismo indipendente come la magistratura, a lungo andare si può incrinare anche il palco che sorregge la grande democrazia americana. E c’è di più. Abbiamo assistito, e stiamo ancora assistendo, alle difficoltà di una transizione tra Presidente eletto e Presidente ancora in carica se quest’ultimo non vuole assolutamente riconoscere l’elezione dell’altro; allora non si può non capire che anche in questo caso la garanzia di una pacifica e regolare transizione dovrebbe essere garantita da un organismo terzo svincolato dalle dinamiche della conflittualità politica. Per questo assistendo a quelle immagini della devastazione del congresso americano non può non sorgere in noi uno spontaneo riconoscimento alla lungimiranza dei meccanismi di garanzia assicurati dalla nostra costituzione. Ora tra i sovranisti ed i populisti di casa nostra sta risorgendo la voglia di adottare il presidenzialismo anche nel nostro paese. Ma è proprio il presidenzialismo che ha purtroppo generato un fenomeno come Donald Trump. Da noi è il Capo dello Stato, non prigioniero delle dinamiche interne al confronto politico ed elettorale, che assicura una regolare e pacifica transizione tra un esecutivo e l’altro. Tanti dicono di voler difendere la nostra costituzione ma poi sono presi dal desiderio di riformarla in senso presidenzialista o semipresidenzialista pensando che sia un doveroso adattamento all’evolversi di una società sempre più complessa. Ebbene lo sgomento che abbiamo vissuto tutti di fronte agli ultimi avvenimenti di Washington dovrebbe farci riflettere sui pericoli di un populismo che non pone nulla di intermedio tra il popolo e il leader. Forse hanno ragione coloro che dicono che il populismo è l’anticamera dell’autoritarismo.