DRAGHI E LE REGIONI

di Pierluigi Castellani

Hanno destato irritazione nei presidenti di regione le taglienti parole del presidente del Consiglio alla Camera quando ha lamentato i ritardi, che si stanno registrando nel piano vaccinale del paese. ” Per quanto riguarda la copertura vaccinale di coloro che hanno più di 80 anni, – ha detto Draghi – persistono purtroppo importanti differenze regionali, che sono molto difficili da accettare.  Mentre alcune Regioni seguono le disposizioni del ministero della salute, altre trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale”. Alcuni presidenti sono insorti rivendicando la loro correttezza e di essere al passo con la media nazionale per quanto riguarda la percentuale di ultraottantenni vaccinati anche se così non è. Leggendo infatti la tabella elaborata dalla Gimbe, su dati del ministero della salute, si constata che la media nazionale è del 27,4 mentre, ad esempio, in Umbria  è del 24,6. Altra linea di difesa delle regioni sta inoltre nell’asserire che si sono  seguite le linee di indirizzo elaborate dal piano nazionale e  che non sono state assegnate ai territori tutte le scorte di vaccino promesse. Sta di fatto che a volte le differenze sono notevoli. A fronte del 37,7 % della Toscana la Sicilia si attesta al 21,5%. Ma il problema è ancora una volta la non chiara distinzione tra competenze dello Stato e delle Regioni in tema di sanità offerta dal titolo V della nostra costituzione. Incertezza emersa con evidenza in occasione della pandemia in cui il paese si trova, anche se la Corte Costituzionale parole di chiarezza le ha pronunciate in occasione della decisione assunta nella controversia tra stato e regione siciliana. La Corte ha detto  che è il potere centrale responsabile della salute pubblica quando si tratta di un rischio sanitario che interessa indiscriminatamente tutto il territorio nazionale. Allora, tutto dovrebbe essere ben chiaro anche se l’articolazione territoriale del servizio sanitario rimane in capo alle regioni. E’ proprio in questo intreccio tra competenza nazionale e competenza regionale che sta il problema e una riscrittura del titolo V, alla luce dell’esperienza effettuata in questa pandemia, dovrebbe essere tra gli obbiettivi politici prioritari per l’agenda politica italiana. Il governo Draghi con la sua composita maggioranza è nato sulla base di un’urgenza e forse non è proprio questo il momento per affrontare un argomento, che può essere divisivo, e per il quale ci vorrebbe  l’arco di un’intera legislatura. Resta il fatto che il presidente Mario Draghi ha manifestato una forte determinazione di intervento e che la struttura commissariale, messa in atto, insieme alla protezione civile deve entrare in campo laddove dovrebbe rivelarsi necessario e nessuno dei presidenti di regione ( a proposito , per favore, non chiamiamoli più governatori perché le regioni non sono stati e perché così li definisce la costituzione) dovrebbe adontarsi o ritenersi messo sotto tutela. Il bene della salute dei cittadini deve sopravanzare su ogni, sia pure legittima, rivendicazione politica.