DRAGHI, LA POLITICA, L’EUROPA

di Pierluigi Castellani

L’intervento con cui Mario Draghi ha anticipato a Bruxelles i contenuti del rapporto sul futuro della competitività europea , richiestogli da Ursula von der Leyen, ha destato attenzione e nello stesso tempo sconcerto tra i 27 paesi dell’UE. Si potrebbe addirittura dire che l’intervento di Draghi ha prodotto il medesimo effetto dell’ingresso di un elefante in una cristalleria. Lo spessore politico del documento , l’autorevolezza di chi lo ha redatto e l’insistenza sul necessario cambiamento dell’Europa, accompagnato da precise riforme da effettuare, hanno mandato in frantumi alleanze e candidature già annunciate per i vertici dell’istituzione europea. Ed ha sorpreso le forze politiche tutte indaffarate , pur nell’incombenza di una pericolosa escalation dei conflitti in atto, ad occuparsi dei propri angusti orti di casa. I paesi UE, secondo Draghi, si sono relazionati l’un l’altro  ” come concorrenti” rivolgendo lo sguardo verso l’interno piuttosto che all’esterno. Questa amara conclusione conduce l’ex premier a chiedere con tenacia la necessità di un piano industriale che l’Europa un ha mai avuto. ”  Dobbiamo – insiste Draghi – poter contare in sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti, su un sistema di difesa integrato e adeguato a livello UE, una posizione di leadership nell’innovazione deep- digitale”. Ad analoghe conclusioni giunge anche Enrico Letta a cui è stato affidata la redazione di un rapporto sul mercato unico comune. Anche questo un rapporto richiesto dalla commissione e già consegnato. Per Letta c’è bisogno di maggiore integrazione nel sistema finanziario e nella gestione e raccolta dei risparmi degli europei, che in misura maggiore vanno a finanziare il mercato americano rispetto a quello europeo, e nel sistema delle telecomunicazioni ed informatico. In una parola per Draghi, come per Letta, c’è bisogno di più Europa. E ciò misura plasticamente la distanza con quanto emerge dal confronto oolitico italiano dove abbondano gli euroscettici e le pulsioni anti europee, come appare nei manifesti che Salvini ha fatto affiggere in tutta Italia dove campeggia la scritta ” più Italia, meno Europa”. Questi documenti, soprattutto quello di Draghi, che ha l’ampiezza di un chiaro programma per il governo dell’Europa, sono stati accolti in Italia con freddezza e tiepidezza se non con aperto dissenso. Ma l’autorevolezza di Draghi ha posto già in discussione candidature ed ipotesi di alleanze già enunciate per la guida della Commissione e per la presidenza del Consiglio d’Europa. Tanto è vero che il  nome di Draghi è il più gettonato per la presidenza di uno di questi due organismi. La verità è che  di fronte alla politica di lungo ed ampio respiro, con un attento sguardo sul posizionamento dell’Europa nel confronto geopolitico in cui sono entrati prepotentemente paesi come la Cina e l’India, la politica di corto respiro, senza un’attenzione alle nuove generazioni ed al furo del nostro continente, viene per forza di cose messa in ombra e costretta ad una navigazione di piccolo cabotaggio. Questa è la vera lezione che questi documenti danno alle forze politiche italiane affannate nella spasmodica ricerca di qualche zero virgola in più nei sondaggi.  Una politica appiattita nel ristretto orizzonte delle mere convenienze elettorali non può avere alcun futuro.