Chi ha paura di Renzi?

di Pierluigi Castellani

Le conclusioni della direzione nazionale del Pd sul problema del mercato del lavoro hanno dimostrato ancora una volta che Matteo Renzi ha saldamente in mano la stragrande maggioranza del partito. Quel che invece ha colpito è l’asprezza di certi attacchi nei confronti della sua linea politica da parte di Dalema, Bersani e pochi altri. Una linea di attacco che ha sorpreso per i toni ed anche per le motivazioni non tutte per la verità incentrate sul cosiddetto superamento dell’art. 18. Da una parte infatti si è tentato di dipingere Renzi come uomo di destra e quindi alieno rispetto alla sinistra e succube di Berlusconi e Verdini e dall’altro come fautore di un partito estraneo alla tradizione democratica di tipo rappresentativo tanto cara ad una certa tradizione di sinistra.

Tenuto conto infatti che la questione dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, risalente al 1970, è sembrata sopravvalutata da tutti, tanto da far dire a Tito Boeri su La Repubblica del 1 ottobre che in effetti con le proposte di Renzi nulla si innova circa il reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa, tutto allora fa pensare che l’argomento sia stato preso a pretesto dalla minoranza del Pd per una improbabile rivincita sui risultati congressuali oppure per marcare l’estraneità di Renzi rispetto alla tradizionale impostazione di una sinistra che nel passato mai ha voluto rompere con il sindacato di riferimento . Senza contare che forse qualcuno avrà pensato di mettere in difficoltà il premier con i suoi alleati internazionali, dimenticando che proprio con Renzi il Pd è entrato nell’alveo del Pse e che il Pd stesso è nato nel 2007 come partito nuovo senza ancoraggi a legami con il passato.

Certamente, rimanendo oscuro il disegno dei Dalema e dei Bersani, rimane un interrogativo: perché tutto questo, perché il dissenso in direzione si è incentrato sulla questione dell’art.18, quando la riforma del mercato del lavoro presentata è ben più ambiziosa, volendo ridisegnare tutto il welfare e volendo offrire più tutele e più certezze al mondo del lavoro, che ,è bene ricordarlo, ingloba anche le imprese ? C’è certamente anche uno scontro generazionale ,che sta dividendo anche la minoranza del Pd, perché l’affermarsi di una nuova classe dirigente non può avvenire senza mettere in ombra la vecchia. Ma lo scontro è duro, ha toni inusitati, sembra che davvero non si cambia un paese, non si riscrive la costituzione, senza che si possa evitare una rivoluzione, questa sì pacifica, ma che lascia comunque sul terreno metaforicamente morti e feriti. Certo Renzi si sta assumendo grosse responsabilità, perchè se da tutto questo non nasce quel nuovo tanto atteso, sarà difficile che il paese riesca poi a rimettersi in carreggiata. Ma proprio per questo gli italiani debbono augurarsi che Renzi vinca la sua scommessa e chi spera in una sua sconfitta non fa certamente gli interessi del paese.

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