IL NAUFRAGIO DEL CAMPO LARGO

di Pierluigi Castellani

Mentre il mondo è squassato dalle guerre con il loro corollario di lutti e devastazioni, mentre il pianeta è scosso da terribili terremoti come quello avvenuto a Taiwan, mentre si registrano sempre più i danni del cambiamento climatico, mentre nuovi attori come Cina, India e Russia mettono in discussione il vecchio equilibrio internazionale insieme ai valori cui siamo affezionati come Occidente, i partiti italiani passano il tempo a guardare il proprio ombelico ed a trastullarsi coltivando il proprio orticello elettorale disinteressandosi di quella metà degli elettori, che non si recano più alle urne dimostrando disinteresse alla politica ed alla democrazia. Eppure le elezioni europee dovrebbero rappresentare la migliore occasione per riscoprire i temi della grande politica, e tra questi c’è senza dubbio l’assetto della nuova Europa. La competizione elettorale dovrebbe servire a proporre agli elettori la propria idea di Europa, che, come ha ricordato giustamente Romano Prodi, o cambia o rischia di fallire. Senza maggiore integrazione sul piano economico e in materia di difesa l’Europa si presenta disarmata nel conflitto internazionale che, proprio per il rischio dell’allargamento delle guerre in corso, inevitabilmente porrà un problema di scelte e di interlocuzione, che ciascun singolo stato da solo non potrà mai affrontare. Eppure se le forze progressiste fossero capaci di scaldare i cuori degli elettori mettendoli di fronte al bivio di scegliere tra un’Europa più unita ed integrata o l’isolamento del nostro paese in un inattuale ed antistorico sovranismo  forse i giovani potrebbero ancora valutare positivamente la partecipazione alla vita democratica del paese. Ed invece assistiamo purtroppo al fare delle elezioni del prossimo giugno un semplice ed effimero sondaggio sulla consistenza dei singoli partiti tutta da giocare, non già in Europa, ma nel ristretto campo della politica nazionale. E così il confronto anziché sui grandi temi europei si riduce ad una pura concorrenzialità per misurare il gradimento delle singole leadership politiche. E’ del resto per questo motivo che abbiamo assistito in questi giorni al naufragio sugli scogli del litorale barese della navicella del cosiddetto campo largo tanto caro alla narrazione della segretaria del PD. L’occasione è quanto mai strumentale. l’inchiesta giudiziaria avviata nei confronti di una, oramai ex, assessora della regione Puglia del PD, ma a cui ha aderito di recente provenendo dalla destra tramite una lista civica, ha dato il pretesto a Giuseppe Conte, che forse non aspettava altro, di sfilare i 5Stelle dalle primarie del centrosinistra , già comunemente indette,  per la scelta del candidato a sindaco di Bari. La vicenda giudiziaria , come è evidente, non c’entra nulla con i candidati a sindaco, ma è stata colta al balzo da Conte per riproporre i 5Stelle come il partito della legalità, gettando quindi un’ombra sospetta sul PD nella sua totalità. Questa vicenda comunque dimostra ancora una volta l’inaffidabilità di un politico, che disinvoltamente passa dalla guida di un governo con la Lega di Salvini  alla guida di un governo con il PD, come se queste due forze fossero suscettibili di un innocuo interscambio. Ma dimostra anche che Conte sta  perseguendo, in vista delle europee, una rimonta sulla Schlein e sul PD volendo dimostrare che il campo largo può vivere e vincere, si veda la Sardegna, solo se è a guida 5Stelle. Da qui infatti il suo invito al PD di convergere, senza effettuare le primarie, sul candidato dei 5Stelle. Si può costruire qualcosa di serio con queste premesse ? Credo proprio di no. Il PD e la sua dirigenza dovrebbero riflettete su come costruire un vero e vincente centrosinistra. Innanzi tutto rafforzando ed irrobustendo il PD, come partito a vocazione maggioritaria, non escludendo naturalmente la necessità di una coalizione, e lanciando un progetto irrobustito programmaticamente, rivolto, senza preventive esclusioni, a tutte le forze politiche, che non vogliano rassegnarsi a lasciare la guida dell’Italia alla destra. In una parola il PD deve ripartire dalle basi della sua formazione, certamente rinnovandole ed arricchendole, ma non tradendole.