L’ITALIA SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

di Pierluigi Castellani

L’antica arte della paziente mediazione esercitata dalla vecchia politica, quella che impropriamente viene chiamata prima repubblica, sembra essere stata abbandonata del tutto dalla nuova politica. Verrebbe quasi da chiedersi : ma era proprio tutto da buttare via della vecchia politica? Come non pensare a queste cose di fronte alla crisi provocata da Renzi con il ritiro dei suoi ministri dal governo Conte. Il paese non se lo aspettava, sono altri i problemi che lo assillano:  la pandemia ancora per nulla domata e con la prospettiva che i fondi dell’Europa destinati all’Italia subiscano ritardi e che quindi  l’incertezza piombata sulla politica italiana possa mettere a rischio anche quel poco di speranza che gli aiuti europei hanno diffuso . Certamente le colpe risiedono sia da una parte che dall’altra dei  contendenti. Il pendolo oscilla sempre in questi casi. Infatti il duello innestato sembra coinvolgere solo due sfidanti: Renzi e Conte. Ma il paese non può avvitarsi intorno a questa contesa, va ripreso il bandolo della matassa perché si possa sbrogliare, altrimenti non rimarranno che un governo tecnico provvisorio ed elezioni politiche anticipate. Tutti a parole dicono di volerle escludere. C’è un paese che soffre in piena pandemia e per la crisi sociale ed economica che ne consegue, c’è l’Europa che ci guarda e che vorrebbe che i fondi del recovery vengano spesi bene e prontamente per tornare a crescere ed il paese che si è battuto più di tutti perché l’Europa desse finalmente un segnale di solidarietà non può non  cogliere l’obbiettivo per il quale si è tanto speso. C’è poi l’incognita su quale potrà essere lo scenario politico che può nascere dopo le elezioni in questo momento di grave disagio per il paese. Nel momento in cui il trumpismo sta declinando in America non possiamo correre il rischio di farlo rivivere proprio in Italia. Gli attori sul mercato politico italiano che potrebbero trarre profitto dal collasso dell’alleanza giallorossa sono proprio quelli che vantavano stretti legali con la presidenza Trump e che hanno non convincentemente cercato di prendere le distanze dall’assalto a Capitol Hill. Tornare ad un’Italia sovranista dopo essere stata la nazione più fortemente legata alla prospettiva europea ed alle alleanze transatlantiche significherebbe chiudere le tante pagine di storia di questi ultimi settanta anni del nostro paese. Sarebbe davvero un salto nel buio. Chi ha provocato la crisi si è detto certo che non si andrà ad elezioni anticipate e che si darà vita ad un governo per far  vivere la legislatura fino al 2023. Ma mentre picconava l’attuale esecutivo ed il suo premier non ha saputo dare una risposta a chi gli chiedeva quale fosse la soluzione che prospettava per un’alternativa al Conte 2. Chi ha assistito alla conferenza stampa dell’altra sera quando veniva dato l’annuncio delle dimissioni dal governo degli esponenti di Italia Viva non può non aver avvertito che chi, anche in quell’occasione ha speso parole dure contro il populismo, non ne fosse divenuto anche lui in qualche modo non vittima, bensì  uno degli attori.