POLITICA E ISTITUZIONI TRA PRIMA E SECONDA REPUBBLICA

di Pierluigi Castellani

Con la morte di Arnaldo Forlani si chiude il sipario definitivamente su quella, che impropriamente è stata chiamata prima repubblica. Tornano alla memoria quei momenti drammatici con cui l’inchiesta, denominata mani pulite, costrinse ad abbandonare la politica personaggi, che avevano occupato la scena della politica italiana avendo indubbiamente fatto raggiungere al nostro paese risultati significativi nel mondo e consolidato la nostra democrazia. E’ certo che qualcosa di importante rimane di quella storia, che forse qualcuno ha cercato di frettolosamente archiviare. Una cosa non di poco conto riguarda come si atteggiasse la classe dirigente di allora nei confronti delle istituzioni  nel rispetto dei diversi ruoli loro assegnati dalla nostra carta costituzionale. E’ ancora nei nostri ricordi  il tono quasi dimesso e rispettoso con cui Forlani, due volte segretario della DC, presidente del consiglio e più volte ministro, nonché candidato alla Presidenza della Repubblica ad un passo dal Quirinale, si presentò al processo  nel corso del quale fu sottoposto ad una invereconda esposizione mediatica. Da quel processo subì una condanna e disciplinatamente, senza clamore, si assoggettò ai lavori socialmente utili ai quali fu sottoposto. Pensando a quegli anni e confrontandoli con quelli che stiamo ora vivendo balza agli occhi di tutti il modo diverso di comportarsi di quella classe politica nei confronto degli altri poteri dello stato. Quello che sta avvenendo ora in cui si è riaccesa un’aspra polemica tra la classe politica e la magistratura fino all’accusa rivolta ad una fascia di essa, si guardi bene, da una nota ufficiosa di Palazzo Chigi di aver iniziato anzi tempo la campagna elettorale delle europee. Atteggiamento poi avvalorato da note , sempre ufficiose ( è questo un metodo trasparente e democratico?) del Ministero di via Arenula. Nessuno vuole qui negare che ci possano essere a volte comportamenti nel rapporto tra politica e magistratura tali da sollevare qualche perplessità, ma non si era mai giunti ad un momento così teso tra poteri dello stato nel  momento in cui si avviano inchieste su un membro del governo e di un sottosegretario, come se ogni cittadino italiano non sia sottoposto in modo uguale alla legge. Tutto questo poi giunge dopo che l’attuale governo ha dimostrato più di un’insofferenza nei confronti di altre istituzioni poste dalla nostre leggi a garanzia di tutti  per quel bilanciamento dei poteri ,che è tipico di ogni democrazia che si vuole chiamare compiuta. Come infatti non ricordare l’insofferenza mostrata nei confronti di alcuni richiami della Corte dei Conti, dell’Anac, e la puntuale presentazione di provvedimenti normativi proprio volti a modificare ed a restringere, il campo della loro azione. Sembra che ci sia una naturale allergia della destra nei confronti del ruolo di tutte quelle autorità indipendenti poste a garanzia di tutti. Va bene rafforzare i poteri dell’esecutivo adottando le necessarie riforme , ma senza stravolgere interamente i principi della costituzione, che prevedono proprio nell’articolazione pluralista dei poteri il fondamento della nostra democrazia. Per questo non si tratta di coltivare una retrotopia ( tanto per servirsi della metafora di Bauman) pensando al passato come il migliore dei luoghi possibili, ma rilevare il diverso atteggiamento nei confronti del doveroso rispetto delle istituzioni tra una stagione politica ed un’altra e mettere sull’avviso chiunque voglia affrontare con eccessiva disinvoltura il delicato capitolo delle riforme istituzionali. Democrazia significa equilibrio, rispettoso atteggiamento nei confronti delle tesi di tutti, uguaglianza e medesima dignità di ogni cittadino nei confronti della legge. Ed ora che, seppure con un, tardivamente risarcitorio, funerale di stato, si vuole chiudere quella stagione politica, che in ogni caso rimane consegnata alla storia, non deve dimenticarsi il dovere, che tutti i rappresentanti dello stato  hanno nei confronti dei principi basilari della nostra costituzione.