POLITICA E PARTITI OGGI

di Pierluigi Castellani

E ‘ sempre  più evidente che nei partiti e nella politica c’è una manifesta mutazione genetica in atto. I partiti non sono più comunità di persone, che si confrontano al loro interno e che elaborano programmi e proposte politiche come frutto di un lavoro collettivo  partito dalla base e che scelgano i loro dirigenti in congressi in cui diverse proposte si confrontino in dibattiti suscitando partecipazione e passione civile. Si dirà che questo in alcuni casi avviene come nel recente congresso celebrato dal PD. Ma se una rondine non fa primavera anche l’ultimo congresso del PD non rappresenta che un valore simbolico anche perché bisognerebbe meglio analizzare come mai l’esito delle primarie abbia poi ribaltato clamorosamente quanto scaturito dal dibattito all’interno dei circoli e se per caso quanto avvenuto non rafforzi invece la tesi di chi vorrebbe oramai partiti solo come espressione di leadership avvalorate dalle sempre più mutevoli oscillazioni dell’opinione pubblica tanto da ricorrere a volte anche ad una sempre più fredda consultazione on line dei propri iscritti.  Di fatto osserviamo  che nella politica italiana c’è sempre  più un proliferare di partiti personali, che coltivano un diretto rapporto con la propria base elettorale senza l’intralcio di mediazioni per cui le forze politiche non sono più comunità di militanti motivati da comune condivisione  di valori e solidi destini. Questa mutazione ugualmente la si riscontra nelle forme della democrazia. Si sta infatti sempre più celermente passando da una democrazia rappresentativa ad una democrazia diretta, come se quest’ultima rappresentasse  una maggiore garanzia del rispetto della volontà popolare, mentre di sovente è proprio il contrario perché è invece nel passaggio attraverso la mediazione di rappresentanti che la volontà popolare si affina e la si mette al riparto da suggestioni pericolosamente autoritarie. Del resto non è proprio dal leaderismo che nasce il desiderio dell’uomo forte, che liberi dal defaticante e lento lavoro democratico? Qui sta il pericolo anche della  proposta del governo della Meloni per una riforma costituzionale in senso presidenzialistico, come se la democrazia funzionasse meglio laddove forme di presidenzialisno sono state adottate. Basta guardare quello che sta avvenendo oggi in Francia dove un Macron non proprio dialogante deve affrontare piazze, che stanno incendiando quel paese. Ma possiamo allargare lo sguardo anche in altri paesi dove oramai vivono pericolose autocrazie. E non c’è solo la Russia di  Putin, c’è anche la Turchia di Erdogan ed ora anche un leader forte come  Netanyahu suscita lo sdegno delle piazze di Israele. Ma anche laddove le primavere arabe sembravano condurre a democrazie vediamo messa in pericolo questa prospettiva come in Tunisia ed Egitto. Possiamo assistere passivamente a tutto questo? Occorre quindi almeno nel nostro paese tornare ad una politica dal pensiero lungo non più schiacciato sul solo presente, alla ricerca continua di facile consenso e con l’occhio schiacciato sull’ultimo sondaggio. E ricostruire partiti solidi, ancorati al territorio laddove deve ripartire la rappresentanza e quindi porre finalmente mano ad una legge che attui l’art. 49 della Costituzione  ed una nuova legge elettorale, che riconsegni al cittadino elettore il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Siamo ancora in tempo per salvare la nostra democrazia.